LA
BELLA STORIA DEL MERLETTO Di
Isabella Bietolini All’origine, anche in questo caso, c’è un mito:
è quello di Aracne, fanciulla abilissima nel tessere, che per avventura sfidò
la dea Atena, anch’essa notoriamente esperta nel settore. Chissà come, le
mani di Aracne dettero vita ad un intreccio insuperabile e la dea fu
sconfitta. Ingelosita come solo gli dei sanno essere, Atena gettò allora una
maledizione su Aracne condannandola per l’eternità a tessere tele con zampe
di ragno. Questa leggenda, al di là della morale
intrinseca in racconti di questo genere, ce la dice lunga sull’antichità
della tessitura e fornisce la prima pietra di un edificio grandissimo che
dalle prime tele intessute rozzamente giunge a comprendere le levità
impalpabili di merletti e trinati frutto di mani miracolose e ormai
rarissime. Nel mese di settembre, a Palazzo Casali, è
stata allestita una mostra di "antichi merletti e antichi libri" di
cui, anche da queste pagine, si è parlato. Ma l’originalità della raccolta. in quanto
tale, merita davvero un approfondimento ed anche una riflessione che più da vicino
possa sottolineare quanto siano connesse la meraviglia suscitata dai piccoli
capolavori esposti e la fatica silenziosa di tante e tante donne che nel
corso dei secoli, al lume di candela o fino all’ultimo raggio di sole, hanno
tracciato con la levità d’una farfalla lo straordinario "punto in
aria". Ecco perché all’origine c’è addirittura un mito: perché ricamare,
fare merletti, disegnare col filo percorsi infiniti di intrecci è cosa
difficilissima, nascosta, che non dà denaro nè notorietà ma che in qualche
modo non può che appartenere al novero delle arti. La raccolta esposta a Palazzo Casali è di
proprietà del prof. Paolo Gnerucci, collezionista cortonese la cui infinita
curiosità è stata spesso veicolo di scoperte straordinarie conseguite
attraverso una ricerca costante e meticolosa. Anche in questo caso la storia del merletto
non è fine a se stessa, non ripropone soltanto esempi, anche se bellissimi e
preziosi, di lavori femminili attraverso i secoli: il discorso
esemplificativo si dipana di pari passo con una interessantissima e completa
gamma di volumi la cui scoperta è davvero fonte di meraviglia. I libri
sostengono, illustrano, ripropongono, spiegano, tramandano, si fanno a loro
volta trama sottile dei punti poi tradotti in realtà , diventano intreccio e
ordito per un racconto che non cessa di stupire: ed a voler essere pignoli,
cosa sono la scrittura ed il disegno se non un merletto tracciato con la
penna o con il lapis? Storia del merletto, storia di donne: a
cominciare, per non andare troppo lontano, da Elisa Ricci, autrice di testi
fondamentali in materia ed esposti a Cortona. Dalla collezione di Paolo
Gnerucci sono usciti due volumi della Ricci che costituiscono la Bibbia del
merletto: Antiche trine italiane ad ago e Antiche trine italiane a fuselli,
entrambi del 1911. A consultarli si apprende moltissimo, forse addirittura
tutto quello che c’è da apprendere, in materia. Ma il filo della trama storica comincia da
molto più lontano, per la verità, addirittura da esemplari cinquecenteschi
come il testo di Sigismondo Fanti, "Theorica et pratica… de modo
scribendi…omnes litterarum species" datato 1514. E’ invece del 1635
l’opera di Giuliano Sellari "Laberinto di varii caratteri di Giuliano
Sellari da Cortona, scrittore aritmetico e geometra": un autentico
gioiello di ornati, volute, iniziali dall’aspetto artistico di estrema
complessità e mistero, proprio come quel titolo che richiama le difficoltà
della matematica e del calcolo. Opere preziose e rare, dunque, a cui
numerose altre potrebbero aggiungersi, che fanno da contraltare a esemplari
di merletti di uguale antichità, speculari a questa raccolta libraria
originale e insolita: nel complesso, la collezione di Paolo Gnerucci ( in
realtà molto più cospicua rispetto alla selezione esposta) racchiude autentici
gioielli ed è stata davvero singolare l’opportunità di poter ammirare
contemporaneamente capolavori "di carta" e capolavori "di
filo". E proprio quest’ultimi, dopo l’inevitabile
primo impatto con i libri, catturano l’attenzione per l’impalpabile levità
degli intrecci: si tratta di merletti a fuselli (quali bordure, colli, trine,
volants, fazzoletti…), trine ad ago finissime e poi ricami e Dicevamo prima,
storia di merletti storia di donne: ma poi giunse l’era della macchina che
tutto capovolse, semplificando ma anche mettendo fine a tante tradizioni. Lo
scrive bene Elisa Ricci nella prefazione ai suoi volumi così preziosi e
importanti per la storia del merletto in Italia. Oggi non possiamo pensare alla fatica delle
vecchie ricamatrici senza provare un brivido per quel lavoro così difficile e
silenzioso, condannato a rimanere in ombra anche se eseguito per abbellire
gli abiti dei ricchi e spesso addirittura dei re: ma sono proprio i loro
capolavori anonimi che, a distanza di secoli, segnano come pochi altri un
confine, quasi uno spartiacque, tra il prima e il dopo, tra la civiltà delle
mani e quella della macchina: tra quello che resta e quello di cui forse
resterà ben poco. Questo
articolo è apparso sul quindicinale “Etruria” in data 15 ottobre 2003 Ringraziamenti Si ringrazia la redazione ed il suo
Direttore per la cortesia accordataci nel poter pubblicare questo articolo. |