“La Bauta

 

la bauta

 

Nel Settecento a Venezia, la bauta era una maschera di uso quotidiano:  era costituita da una sorta di cappuccio in seta nera o merletto (bauta de merlo) che copriva tutta la testa e da un mantello, nero anch'esso, che copriva metà figura (zendal) Il volto veniva coperto con la cosiddetta larva, maschera che aderisce al volto sulla fronte e sul naso, ma non sul mento, poteva essere di colore nero o bianco. Una persona così mascherata era irriconoscibile.

 

 

 

Immagine tratta da “Le arti che vanno per via nella città di Venezia”, 1785

 

Il costume maschile era completato da un tabarro e dal cappello a tre punte. Questo travestimento veniva considerato una maschera, ovvero erano degli ”abiti di convenzione” da parte di magistrati perfino dagli inquisitori di stato e dallo stesso doge, anche da principi stranieri e da ambasciatori, che volevano sentirsi liberi da ogni etichetta. Quando si incontravano, si salutavano con un inchino  ed un semplice” maschera”, potevano intervenire in ogni occasione, mischiarsi tra il popolo, sicuri da ogni insulto o offesa, perché la persona in tabarro e bauta era considerata sotto la speciale tutela della legge.

 

“Colloquio tra baute”, Pietro Longhi

 

Giustina Renier Michiel una delle più nobili figure intellettuali del ‘700 veneziano ci racconta sulle donne veneziane:” Esse la sera, mascherando la loro persona entro un nero mantello ed una cappa pur nera di finissimo merlo, chiamata bauta, prendevano tutte una medesima forma. Pure quel piccolo cappello alla maschile, di cui erano adorne, messo con una non so quale bizzarria, aggiungeva maggior espressione alla fisionomia, maggior vivacità agli occhi e freschezza delle guance.”

 

 

Particolare di un dipinto di Pietro Longhi dal titolo “ Il rinoceronte”, 1751

 

Particolare di un dipinto di Pietro Longhi dal titolo “ Il cavadenti”

 

 

Boerio nel suo “Dizionario del dialetto veneziano” spiega che la bauta è : “ una specie di mantellino o rocchetto ad uso di maschera”.

 

Una legge suntuaria del 31 luglio 1749 recita:” …….e tutte le nobildonne e cittadine originarie usare l’abito nero senza alcuna sorte di merli.. intollerabile poi essendo lo scandaloso abuso delle robbe e manifatture forestiere, resta l’uso severamente proibito in ogni sua specie, tanto di drappi di qualunque sorte, merli bianchi, neri, biondi, a qual sia uso di baute et altro e così qualunque altra manifattura di ricami, galoni, ………..”

 

Maggiotto Francisco (pittore)-Cavalli Nicolò, (incisore)  XVIII secolo

© Victoria and Albert Museum, Londra

 

Dalla “Rivista Viennese”- collezione mensile- anno II tomo II del 1839, la bauta veniva descritta in questo modo.

 

 

 

 

Sito consigliato

 

Per avere una panoramica completa sulla Bauta, si consiglia la visita a questo sito in lingua italiana e English language: http://www.bauta.it

 

 

 

 

 

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