Vita di Sofonisba Anguissola Il nobile cremonese Amilcare Anguissola sposò nel 1531, in seconde nozze, la
benestante Bianca Ponzoni. Amilcare
aveva un ruolo importante nella società, faceva parte del consiglio dei Decurioni,
che governava la città di Cremona per conto dell’impero spagnolo di Filippo
II. Questa attività gli permise importanti contatti con personaggi in vista
sia spagnoli che italiani. Bianca ha avuto un ruolo importante nella famiglia
con le sue altolocate conoscenze, probabilmente riuscì a promuovere il
talento artistico delle sue figlie. I tempi erano maturi per un
riconoscimento dei talenti femminili, ad iniziare dalle corti, dove si misero
in luce. Sofonisba nacque a Cremona nel 1532,
primogenita di 7 fratelli, 6 femmine e d un maschio. Le sorelle Anguissola mostrarono subito le loro attitudini
artistiche. Sofonisba aveva la passione per la
pittura, sin da piccola seguiva il padre che aveva il compito di scegliere
gli artisti per decorare la chiesa di San
Sigismondo. I genitori presero atto ben presto che la figlia voleva dipingere
e decisero che sarebbe andata a scuola di pittura. Si pose il problema che
una giovane donzella non potesse frequentare la bottega di un maestro come i
maschi. Il problema venne risolto perché anche la sorella Elena voleva
apprendere l’arte e così entrambe andarono presso la casa del pittore
Bernardo Campi, conosciuto dal padre delle ragazze perché lavorava a San
Sigismondo. Era
l’anno 1546, il giovane maestro Bernardo ( 24 anni) era famoso per i
ritratti, ed Amilcare desiderava che le figlie
potessero seguire questa strada potendo, in un futuro, ritrarre
l’aristocrazia che loro frequentavano e in quel periodo la corsa al ritratto
era diventata una vera mania. Le due sorelle per tre anni si recarono tutti i
giorni a casa del pittore, accompagnate dalla domestica, sotto la vigilanza
della moglie. Nel 1549 Bernardino dovette lasciare
Cremona per ritrarre Ippolita Gonzaga, figlia del
governatore di Milano, questo ritratto lo lanciò come ritrattista alla moda. Sebbene le sorelle fossero già pronte per
camminare da sole, il padre le affiancò a Bernardino Gatti detto il Sojaro. Sofonisba persona attenta e
sensibile divenne una grande pittrice, non ebbe rivali, né imitatrici, un vero
prodigio. Nel 1550 il Vida scrisse di lei “ inter egregios pictores nostri temporis” e nel
1561 l’umanistaGiovanni Musonio
scrisse” Italiane columen”.Già il suo nome
cominciava a trapelare sulla bocca di tutti, da brava propagandista faceva i
ritratti e poi li regalava. Autoritratto La sorella Elena prese i voti e si fece
monaca, Sofonisba le fece un ritratto, attribuito
inizialmente al Tiziano, finché un restauro non mise in luce il nome
dell’autore e la data. Intanto il padre Amilcare
iniziò ad introdurre il nome della figlia presso le varie corti di sua
conoscenza. Iniziò con i Gonzaga di Mantova dove Sofonisba
fece un ritratto alla duchessa Margherita e alla nuora Elena d’Austria, poi
con i d’Este di Ferrara facendo dono a Lucrezia di un autoritratto di Sofonisba. Nei suoi
autoritratti, la pittrice dona una dolce espressione di serenità, il suo
abbigliamento è sempre semplice di colore scuro, rischiarato da colletti
bianchi ornati di spumeggianti merletti, la classica treccia le incornicia il
volto. Amilcare inviò un disegno della figlia anche
a Michelangelo che aveva all’epoca 82 anni, ma era ancora in piena attività.
Il disegno rappresentava una signora ridente e Michelangelo volle vedere
invece un putto piangente e Sofonisba avendo già
pronto un disegno dove aveva sperimentato anche le espressioni del pianto,
glielo inviò. In questo disegno viene colto l’istante di dolore quando il
bimbo viene morso da un granchio. Michelangelo ne rimase colpito e scrisse
immediatamente ad Amilcare una lettera di
compiacimento. Caravaggio ne imitò l’espressione nel suo “ ragazzo morso da
un ramarro”. Il granduca Cosimo de Medici chiese a Michelangelo un
disegno e lui pensò di inviargli il disegno di una giovane e promettente
pittrice, visto che il mondo era già pieno di eccellenti uomini. Nel 1559 Filippo II di Spagna, vedovo di Maria Tudor,
sposò Isabella di Valois figlia di Maria de Medici
ed Enrico II di Spagna. Isabella amava molto la pittura e Sofonisba
venne consigliata come dama di corte. Sofonisba
partì dalla sua Cremona per Milano e dopo 40 giorni di viaggio arrivò a
Madrid dove vi rimase per diversi anni; non rivide mai più la sua Cremona. La giovanissima Isabella aveva solo 14 anni, ma era un
ragazza intelligente, matura e molto amata dal marito. Tra la regina e
l’artista nacque una profonda amicizia, trascorrevano gran parte della
giornata a dipingere e la regina era veramente abile con il pennello. Nel 1564, la regina in attesa di un figlio si ammalò
perdendo il nascituro. Sofonisba le rimase accanto
con amore, come una sorella: la regina le fu riconoscente facendole doni
preziosi. Nel 1566 la regina rimase di nuovo incinta e pervasa da cattivi
pensieri fece testamento raccomandando le sue più care damigelle d’onore al
re: tra queste c’era anche l’artista italiana. Nacque Isabella Clara e la
regina sofferente strappò a Sofonisba la promessa che sarebbe stata la prima maestra
dell’infanta; nel 1567 nacque una seconda bambina, Caterina Micaela. Isabella voleva dare al suo re un erede maschio e nel
1568 rimase di nuovo incinta nonostante la sua cagionevole salute; dopo la
perdita di questo nascituro, Isabella morì e Filippo cadde in una grave crisi
depressiva, tanto da governare il suo paese conducendo una vita monastica.
Nonostante la corte di Isabella si stesse per sciogliere, Sofonisba
rimase prendendosi cura delle 2 infante. In seguito il re si risposò con Anna d’Austria e Sofonisba era ancora a Madrid ma espresse il desiderio di
rientrare in Italia e sposare un italiano. Il re provò a trovare un marito
degno di lei ma l’impresa si dimostrò difficile. Intanto Caterina de Medici
era in pensiero per le due nipoti, ma le venne assicurato che godevano di
tutti gli agi e che Sofonisba era sempre con loro. Il re finalmente trovò l’uomo giusto per l’artista, il
siciliano Fabrizio de Moncada, e nel 1573 si
sposarono a Madrid. Subito dopo Sofonisba partì
per Palermo, dopo soli 5 anni rimase vedova, il marito annegò durante un
viaggio in mare. Non avendo più legami con Palermo decise di ritornare a Cremona
e durante il viaggio conobbe il
giovane capitano Orazio, se ne innamorò e si sposarono da lì a pochi mesi. Si
stabilirono a Genova e in questa fervida città colma di ricchezze la grande
artista continuò a dipingere per le famiglie patrizie. Con il suo stile
inconfondibile portò una innovazione alla pittura, apprezzata in seguito da Rubens e Van Dyck,
molto interessati all’attività di Sofonisba. Di 30
anni di lavoro a Genova, sono rimaste a noi poche opere. Rubens le fece visita tra il 1607-1608, avendo ammirato
in un suo viaggio in Spagna, tra le tele della collezione reale spagnola, i
suoi ritratti. Rubens ne copiò uno di Isabella di Valois.
Molti anni dopo anche van Diyk
le fece visita. Nel 1615 Sofonisba ed Orazio,
ormai anziani, decisero di stabilirsi a Palermo per impegni di lavoro di lui.
Nel 1624 l’artista incontrò Van Dyck,
un giovane ed affermato artista di 22 anni, che affascinato dai suoi quadri
visti a Genova, volle conoscerla. Era in Italia perché il viceré di Palermo,
figlio di Emanuele Filiberto e l’infanta Caterina Micaela( figlia di isabella
di Valois), gli aveva commissionato la grande pala
della Madonna del Rosario. Van Dyck estrasse il suo
taccuino e sotto le direttive della grande artista le fece uno schizzo,
tutt’attorno scrisse in italiano: “ Ritratto della signora Sofonisba pittrice, fatto dal vivo a Palermo l’anno 1624
il 12 luglio. L’età di essa è 96, avendo ancora la memoria et il cervello prontissimo, cortesissima, sebbene per la
vecchiaia le mancava la vista……………………. Possiamo dire che in quell’occasione gli diede dei
consigli, divenendo così l’ultimo suo allievo. Il 16 novembre 1625, la grande artista venne sepolta
nella chiesa di S. Giorgio. Non c’è più traccia della sua tomba, ma è rimasta
una lapide posta dal marito nel centenario della sua nascita. La lapide
descrive perfettamente Sofonisba :
Tratto da “ La signora della pittura”, Daniela Pizzagalli-Rizzoli |