Mostra
Carlo, Cosimo, Paolo Giordano, Ferdinando e Alessandro sono i cinque bambini
del Principe Virginio Orsini, duca di Bracciano e di Flavia Damasceni Peretti, nipote di Papa Sisto V, ritratti tutti insieme dal
pittore toscano Tiberio Titi, artista specializzato
nel ritrarre i fanciulli nobili.
Siamo
nel 1597: i piccoli Orsini hanno tre mesi, due, cinque, tre e quattro anni.
Posano nel castello di famiglia che ancora oggi sorge sull’ameno lago laziale,
abbigliati con i fastosi abiti imposti dal cerimoniale aristocratico
dell’epoca. I più grandi indossano casacche e calzoni in seta, guarniti con
passamanerie e ricami in oro. Ancora ad arricchire il tutto: manichini e
gorgiere di preziosissimi merletti e veri e propri gioielli che fanno da bottone.
I più piccoli portano un vestitino lungo fino ai piedi, scampanato, tenuto
ampio da infustiture interne oppure da cordoni o
feltri cuciti all’orlo, aperto completamente sul davanti, allacciato con
alamari. E’ chiamato ungherina ed è provvisto di
alette sulle spalle da cui pendono lunghe maniche decorative con una duplice
funzione: estetica e di contenimento, in quanto consentono alle balie di
reggere i bambini e di tenerli a freno.
Gli
abiti indicano lo stato sociale e decidono il futuro dei bambini: l’ungherina destina alla vita laica, la pretina
alla vita ecclesiastica. Si tratta di una veste in tutto simile all’ungherina tranne che nella chiusura: questa più austera, a
ganci o bottoni. In pratica, non esiste una linea d'abbigliamento per
l’infanzia: i bambini vestono come gli adulti.
Nella
culla, il più piccolo dei cinque Orsini, ritratti quell’anno (ne seguiranno
altri: saranno undici in tutto) è avvolto da lenzuolini
e federe finemente ricamati e impreziositi da merletti. A completare il ricco
corredo, la copertina ricamata d’oro.
Il
dipinto, dono di Clarice Frascara
Orsini, appartiene alla collezione storica del Museo Nazionale di Palazzo
Venezia dal 1926. Emblema della mostra “Gusto ed eleganza nelle corti
rinascimentali. Il ritratto dei bambini Orsini”, oggi è possibile ammirarlo
nella Sala degli Altoviti, affiancato dalle
riproduzioni fedeli degli abiti in esso rappresentati. Si tratta della prima di
una lunga serie di proposte molto attraenti, previste per il prossimo futuro
che intendono rilanciare e, soprattutto, valorizzare il ricco patrimonio
artistico conservato in Palazzo Venezia.
I
costumi sono stati realizzati splendidamente da Angela Aquilini attraverso
un’attenta ricerca filologica dei tessuti e del taglio sartoriale. I merletti
da Maria Di Benedetto: una merlettaia molisana che coltiva la sua operosa
vocazione sin da bambina, dall’età di 5 anni.
Giudicare
l’accostamento tra il dipinto cinquecentesco e la produzione artigianale di
qualità, unicamente interessante, significherebbe fare torto alla perizia dei
curatori e delle “artigiane” e agli sforzi di quanti hanno voluto e organizzato
questa singolarissima mostra. Non è difficile, infatti, avvertire la regia –
dalla consulenza storica ed artistica alla progettazione dell’allestimento,
dalla realizzazione dei costumi alle relazioni con la stampa- di un’istituzione
il cui ambizioso intento è creare autentica cultura con ogni strumento che si
rifaccia ai supremi canoni dell’arte.
Paola Stefanucci
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