Beghine: donne moderne nel Medioevo Un dipinto che ritrae
le beghine intente nel produrre merletti e ricami. Beghine nel Belgio
Il
fenomeno del “beghinaggio” costituisce uno degli aspetti più singolari della cultura
fiamminga. Dal 1233 (anno in cui Jaques de Vitry
ottenne dal papa l’autorizzazione di costruire comunità di “beghine
disciplinate”) sino al XVIII secolo in molte città del Belgio furono
costruiti interi quartieri dipinti di bianco, abitati dalle “beghine”, pie
donne che volutamente non monache trascorrevano un’esistenza da benefattrici
alla ricerca dell’amore verso Dio. Si
pensa che tra loro ci fossero parecchie mogli dei crociati che decisero di
trascorrere i lunghi anni in attesa del ritorno dei mariti, dedicando il loro
tempo ai più bisognosi. A Bruges c’è un antico e pittoresco
beghinaggio della città, fondato da Margherita contessa di Fiandra e
principessa di Costantinopoli nel 1245. Per poterlo visitare, basta attraversare un
ponte a schiena d'asino che congiunge la Begijnhof
(piazza della vigna). Attualmente il Beghinaggio di Bruges è
abitato da monache benedettine, i cui abiti riconducono alla moda del XV
secolo. Vicino al beghinaggio si estende il conosciutissimo Minnewater
(lago dell'amore) con la casa di guardia della chiusa, il ponte e la torre
delle polveri. Nel quattordicesimo e quindicesimo secolo
Bruges fu una metropoli del mondo economico. La parte storica della città ci
conduce al periodo borgognone: la chiesa gotica di San Giacomo, il palazzo
dei Duchi di Borgogna, le logge dei mercanti genovesi, fiorentini e
veneziani, le ricche case signorili, e il palazzo Bladelin,
l’antico porto con il Dazio e la Loggia dei Borghesi. Beghina
mentre lavora sul suo cuscino Quello che noi appassionati di merletti non
dobbiamo dimenticare è il contributo che le beghine hanno dato al merletto.
Queste donne vivevano in comunità indipendenti, guadagnandosi da vivere,
spesso nelle industrie tessili. La produzione di merletti era un'attività
vitale, svolta ad un alto livello di qualità. Muore l’ultima beghina Un articolo di Alba Tobella per “ Il País”, 24
aprile 2013. È morta mentre dormiva
senza sapere che stava chiudendo l’ultima porta dell’esistenza delle beghine.
La sorella Marcella Pattyn, scomparsa il 14 aprile
a 92 anni, era l’ultima rappresentante di una delle esperienze di vita
femminile più libere della storia, secondo gli esperti. Nel Medio Evo, nella
rigidità dei dettami religiosi, iniziarono a comparire comuni di queste donne
che giravano libere, erano democratiche e lavoravano per guadagnarsi il pane
e compiere opere caritatevoli. Erano comunità di donne spirituali e laiche,
votate a dio, ma indipendenti dalla gerarchia ecclesiastica degli uomini. Nacquero
in un momento di sovrappopolazione femminile, quando due secoli di guerra si
erano portati via una notevole quantità di uomini, e i conventi venivano
riempiti come alternativa al matrimonio o alla clausura. Era il XII secolo, e
le comunità di beghine, donne di tutte le classi sociali, cominciarono a
diffondersi nelle Fiandre, nel Brabante e in Renania. Grazie alle opere che facevano per la comunità –
erano infermiere per gli ammalati e gli invalidi, insegnati per bambine
svantaggiate e anche responsabili di numerose cerimonie liturgiche – molte
famiglie abbienti gli lasciavano le proprie eredità, e le donne ricche si
davano al beghinaggio. La maggior parte delle
sorelle praticava qualche arte, specialmente la musica – Pattyn
suonava il banjo, l’organo e la fisarmonica – ma anche la pittura e la
letteratura. Gli studiosi considerano poetesse come Beatrice di Nazaret, Matilde di Madgeburgo
e Margherita Porete come precorritrici della poesia
mistica del XVI secolo, oltre a essere le prime ad utilizzare per i loro
versi le lingue volgari invece che il latino. Vivevano in celle, case o
gruppi di abitazioni, dichiarati dall’Unesco patrimonio dell’umanità nel
1998, che potevano abbandonare in qualsiasi momento per sposarsi e formare
una famiglia, ma a livello spirituale non si sposavano con altri se non con
Dio o con i più svantaggiati. Di questi gruppi facevano parte anche donne
sposate che si identificavano con il desiderio di condurre una vita di
spiritualità intensa nei beghinaggi delle proprie città. Elena Botinas e Julia Cabaleiro
autrici del libro “Les beguines.
La raó illuminada per
amor”, definiscono il movimento come un luogo spirituale e pragmatico allo
stesso tempo, che rompe con la diversificazione che la chiesa imponeva fra
orazione e azione. Uno spazio che non è domestico, né claustrale, né
eterosessuale. È uno spazio che le donne condividono a margine del sistema di
parentela patriarcale, in cui vine superata la
frammentazione spaziale e comunicativa, e che si mantiene aperto alla realtà
sociale che lo circonda, in cui e sotto cui operano, diluendo la divisione
secolare e gerarchizzata tra pubblico e privato e che, per tanto, diventa
aperto e chiuso allo stesso tempo”, spiegano. Secondo la versione
più diffusa, un gruppo di donne costruì il primo beghinaggio nel 1180 a Liegi
(Belgio), vicino alla parrocchia di San Cristobal e adottarono il nome da
padre Lambert Le Bège. Altre versioni sostengono
che “beghina” significhi semplicemente colei che prega, o che chiede (da beggen, in tedesco antico pregare, chiedere), e pure,
nella versione meno condivisa fra gli storici, che la loro esistenza risalga
all’anno 692, quando santa Begge aveva fondato la
comunità. Sono trascorsi due
secoli di rapida espansione, ma le denunce di eresia le frenarono quando la
Chiesa cominciò ad accorgersi che attiravano donazioni “che le
appartenevano”. Si insediarono in tutte le grandi città francesi e tedesche,
ma la persecuzione le fece tornare a raccogliersi in Belgio, da dove
venivano. Pagarono, anche con la morte, per le libertà economiche, sociali e
religiose che avevano acquisito. Margherita Porete
fu bruciata viva nel 1310. Le accusavano di confondere i monaci, e di
irretirli quando andavano a confessarsi nei monasteri vicini, e le trattavano
come le uniche donne libere dell’epoca: le streghe. “Il movimento delle
beghine seduce perché propone alle donne di esistere senza essere né mogli né
monache, libere in tutto dalla dominazione maschile”, spiega Régine Pernoud nel libro La Vergine e i santi nel Medioevo. E
così come seduceva le donne, inquietava gli uomini. Con le loro conquiste
tornarono a casa. Tornarono nei Paesi Bassi e in Belgio, anche se alcuni
beghinaggi resistettero in giro per l’Europa. La comunità più cospicua si
racchiuse in un grande beghinaggio a Courtrai, la cittadina nel sud del
Belgio dove morì Marcella Pattyn la settimana
scorsa. Dopo che il loro modo di vivere senza regole e senza padroni ebbe
fatto infuriare i garanti dell’ordine, rinunciarono a un certo radicalismo e
scelsero di convivere con la Chiesa per assicurarsi una sussistenza, durante
i secoli, per morire, oggi, nel silenzio. Groot
Begijnhof o Grand Béguinage, patrimonio Mondiale dell’Umanità Si consiglia di leggere anche
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La traduzione dell’articolo dallo spagnolo al’italiano è
opera di https://lanuvoladismog.wordpress.com/