Sardegna
Costume di Sennori, Gianfranco Lai, 2009
La
Sardegna è legata per lunga tradizione al merletto, ancora oggi c’è una
grande manifestazione di trine nelle camicie e fazzoletti da testa che fanno parte
del corredo dei costumi tradizionali. Durante le feste popolari vengono
sfoggiati i costumi che rappresentano i vari paesi sardi, ognuno con una sua
caratteristica contraddistinta dai ricami, merletti, colori, tessuti,
gioielli. Ogni paese ha i suoi costumi e li difende con orgoglio, perché
l'antico modo di vestire nasconde l'identità stessa di ciascun paese,
rappresenta la testimonianza vivente della sua cultura e del modo di
intendere il divertimento, il lavoro, il dolore.
Fra le molteplici attività svolte dalle donne sarde durante l’arco
della giornata oltre al ricamo e merletto, c’era anche la tessitura. L'arte del ricamo veniva esaltata oltre nella
decorazione dei costumi tradizionali femminili anche negli arredi sacri, non solo con filo e seta ma anche con oro e argento.
Si ricamavano i vari tessuti da destinare ai
corredi decorando: tornaletti (ingirialettus), coperte (fanugas),
copricasse(coberibancus), bisacce (bertulas), collari per ornare gli animali
in occasione di feste e cerimonie (gutturas, kollanas).
Nelle foto sottostanti si possono ammirare
alcuni abiti folkloristici sardi,
©courtesy
Massimiliano Maddanu
La tecnica di merletto
più conosciuta in Sardegna è il filet di Bosa ((in lingua sarda sa randa
osinca) e a Cagliari in questi ultimi anni è un
fiorire di appassionate che si dilettano in modo serio e impegnativo anche
sul merletto a fuselli.
Il Filet di Bosa
“Le Mani”, © foto courtesy Lorenzo
Bellu
Queste mani sono
della Maestra di filet, Signora Dassu di Bosa
Il filet è un merletto di
grande pregio la cui lavorazione è di antica usanza bosana. L’esecuzione
della rete da pesca è la stessa che le donne bosane appresero dai loro
mariti pescatori e la seppero trasformare in una leggiadra trina. Il
termine nella parlata bosana per definire la base di reticella è “randadu”.
Filet di Bosa in
lavorazione
Il filet di Bosa,
con la delicatezza dei suoi disegni più raffinati, richiama origini legate
ai ginecei dei primi monasteri, alle stanze femminili del castello, agli
harem delle corti saracene. Ciò che caratterizza il filet di Bosa e quello
sardo in genere, è la scelta dei modelli figurativi che poi si ritrovano
anche negli arazzi, sui tappeti e
nelle decorazioni delle cassapanche. Pavoncelle e colombi, tralci di vite e
grappoli d'uva (sa mosta e’ s’agina)
provengono dalla simbologia religiosa dei monaci bizantini.
Anticamente il
filet era usato quasi esclusivamente per i “cortinazos del zabaglione o
lettu a crispiris” (drappeggio, tendaggio per il letto a baldacchino). Erano delle
strisce lunghe anche quattro metri e strette da 20 a 60 cm, venivano cucite a
teli di lino o cotone solitamente bianchi, che formavano le cortine
(tendaggio) e “ l'ighirialettu”, ovvero una striscia orizzontale che
nascondeva lo spazio sottostante del letto.
La ricamatrice
inventava le “sas mustras” (motivi che si ripetevano) posizionandoli in
vari modi a seconda della sua fantasia, attingendo dal suo repertorio di
decorazioni.
I decori potevano
essere
·
geometrici: rombi, onde, spirali, zig-zag..ecc.
·
di ispirazione vegetale: rose, tralci, alberi, boccioli, cardi,
melograni
·
di ispirazione animale: cervi, pavoni, uccelletti, cavalli
·
araldiche: stemmi ,corone, castelli ,
·
oggetti: vasi, clessidre, corallo, broccato, pettini, chiavi,
candelabro, ferro battuto, archetti
·
antropomorfi: donnine, dame,
ometti, ballo, re a cavallo, angeli, genietti..
·
di ispirazione religiosa: calici, ostensori, monogrammi della
vergine, reliquari...
E’ probabile
che la simbologia prevalente fosse
volta a proteggere chi dormiva nel letto (la rete, fra l'altro, filtra il
male) e ad assicurargli
benessere e fertilità per cui
il cervo, simbolo di cristianità che cerca il dittamo (pianta) per
curare le ferite, il pavone simbolo di immortalità, bellezza e
spiritualità, il corallo ed il cardo che hanno poteri scacciamalocchio, la
coppia a cavallo e nella danza, la palma segno della festa e della gioia,
l'albero della vita antichissimo simbolo cosmico).
I nomi delle
mustras più usate sono: su broccadu, sa melagrenada, su carminu, su ferru,
su caddu, sa catalufa, su ballu, sos paones , sas puddas de tonara, sas
puddittas , su fiore de su rru, su fiore tortu, sa pigualosa.
Anche se oggi
alcune Associazioni locali, come l’Associazione “La Foce”, si dedicano allo
studio e realizzazione di nuove figure per pizzi, centri o applicazioni,
sono sempre più richieste le straordinarie interpretazioni in filet dei
motivi della tradizione sapientemente realizzati con amore e creatività dalle
ricamatrici locali.
Con l’intento di
ridare identità e salvaguardia a questo patrimonio sia nei punti che nei
decori, Associazioni e Museo locale hanno unito le loro forze per
organizzare stage e corsi con il
nome originario “Làuru ‘osincu”.
Centro con farfalle*
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Pizzo con pavoncelle*
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I Punti
Le ricamatrici bosane
utilizzano numeroso punti
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punto imbastitura o puntu isterridura
·
punto pieno o rammendo o puntu pienu
·
punto catenella o puntu catenella
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punto catena o puntu cadena
·
punto traforato o puntu trapadigliu
·
punto erba o puntu
inghiriadura
·
punto artiglio o puntu arranca
·
punto gancio o puntu ganzu
·
puntu puntina o puntu piccadura
·
punto spirito
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Nel piano inferiore di
Palazzo Deriu a Bosa si possono vedere alcuni manufatti bosani.
Abbiamo trovato un
cenno storico nel libro “Sindacato e corporazione: bollettino del lavoro e della
previdenza sociale” datato 1922 dove si legge: ”
Cooperativa fra le lavoratrici del filet
“Cooperativa arte arcaica » Bosa
(Cagliari)”, questo sta a significare che all’epoca le donne si erano ben
organizzate per gestire il proprio lavoro.
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Sassari
Sassari
è stata una città dove il merletto ha una sua storia se pensiamo che nell’istituto
delle“ Figlie di Maria”, che si sono occupate e si occupano tuttora dei non
udenti, i bambini sordi e muti imparavano a fare la rete di merletto.
Cora
Slocomb di Brazzà racconta in un suo libro la breve storia di questo
Istituto.
“Guida al vecchio e nuovo merletto in
Italia”, mostra svoltasi a Cicago nel 1893
Questa guida è stata dedicata alla Regina
Margherita di Savoia attenta e sensibile a tutte le arti femminili. (nella traduzione dal testo originale, si
è cercato di lasciare tutti i dettagli, che sono sfumature
affascinanti di storia e conoscenza).
Tra i montagnosi pendii
della parte ovest della Sardegna c’è la pittoresca città di Sassari dove
nel 1832 sette povere ragazze orfane vennero accolte da anime benevoli in
una casa privata molto piccola che si trovava tra olivi e pini.
Questa era un’amorevole
fondazione della grande istituzione che ancora oggi porta il nome di quelle ragazze “Figlie di
Maria” sotto la direzione delle Suore di San Vincenzo di Paolo. Con il
tempo è gradatamente cresciuta e si è trasformata in centro per
l’educazione, per dare rette regole di morale e virtù sotto la saggia
gestione di Suor Agostini Gassini. C’erano non meno di 1500 bambini, sordi,
muti, abbandonati o infanti figli di madri occupate nel lavoro o bambine
benestanti le cui famiglie desideravano una educazione ineccepibile per le
loro figlie. L’istituto era aperto a maschi e femmine.
Io vorrei parlare solo
dei bambini sordi e muti che hanno esibito i loro merletti a rete in questo
album sottolineandone la provenienza del loro istituto. L’intelligenza, i
volti radiosi vicino ai loro lavori sono rappresentati nelle fotografie e
non si penserebbe mai che possano essere dei poveri muti. La ragione sta
nelle cure materne e amorevoli di queste Suore Grigie (l’abito che
indossano è grigio) senza figli che i bambini hanno apprezzato e anche per
la compagnia benedetta dei bambini normali.
Le ragazze mute, Figlie
di Maria, durante i pasti o il tempo libero sono costantemente con gli
orfani sani, tra i sorrisi e la gestualità, imitano i loro compagni
muovendo le labbra e provando ad emettere suoni e articolare le parole.
Questo sistema ha un effetto benefico sul fisico e sulla psiche e lo stare
insieme diventa piacevole.
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Nel
1927 sul “Bollettino d’arte del Ministero della Pubblica Istruzione”, venne
pubblicato un corposo ed esaustivo articolo di Antonio Taramelli sulla “collezione di merletti e tessuti sardi della collezione di Amilcare Dallay.
Dallay era un mercante d’arte e in vent’anni di ricerche mise insieme una
importante raccolta di circa cinquecento magnifici esemplari. Taramelli sulla scomparsa di tutti questi capolavori
scrisse :” Di
tutte le varieta di tali prodotti delle bisavole sarde, dai filets comuni ai
buratti, ai modani agli sfilati, antiquarii e dilettanti, viaggiatrici ed
ospiti della Sardegna hanno fatto una vera razzia, che ha disperso sotto
tutti i cieli, dagli Stati Uniti d'America alla Scandinavia, il
meglio ed il piu delI' antico tesoro di delicatissime trame e tanto poco di
buono è oramai rimasto che è dovere nostro di stringere l'ultimo freno per
trattenere ciò che è rimasto, perchè almeno qualche saggio di questa tenue e
fragile bellezza sia conservato aIl'isola ed allo Stato.” Con grande
determinazione Taramelli si spese per l’acquisizione da parte dello Stato
della collezione di merletti e tessuti sardi pazientemente raccolti
dall’antiquario Amilcare Dallay e destinati al Museo di Sassari solo nel
1954, a 15 anni dalla sua morte. Fu proprio il grande interesse per
l’etnografia che lo portò a proporre, nel 1930, al prefetto e al podestà di
Cagliari l’istituzione di un museo del costume antico sardo da intitolare ai
principi di Savoia, Umberto II e Maria José del Belgio.
Filet con pavoni
Presso
il Museo nazionale G. A. Sanna di Sassari, nella sezione etnografica, è
conservata la preziosa collezione denominata “Raccolta
Amilcare Dallay”, composta di circa 300 esemplari di
merletti, tessuti e ricami straordinariamente rappresentativi di uno dei
tasselli del ricco patrimonio artigianale sardo, in particolare delle città
di Sassari e Nuoro. Nel 2003 presso il Museo Sanna è stata allestita una
mostra dal titolo “Randas”, merletti tradizionali dalla collezione Dallay.
Catalogo della mostra
Esposizione di
tessuti, ricami, merletti, corredi e tappeti sardi, padiglione della Sardegna
delle Industrie Femminili Italiane, Esposizione Etnografica di Roma, 1911 (foto
Molinari)^
Ringraziamenti
Si ringrazia vivamente per la
collaborazione:
Silvana
Era e Maria Paola Carreras di Quartu S. Elena per averci fornito
informazioni e documentazione sul filet di Bosa,
Gianfranco
Lai per la sua opera pittorica,
Lorenzo Bellu
per la fotografia sulle mani e
Massimiliano
Maddanu per le fotografie sui costumi.
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