Articolo di Rose G. Kingsley, apparso su “Art Journal” nel 1887.
Tenendo conto che
l’articolo è stato scritto più di cento anni fa, si è cercato comunque di
mantenere le stesse espressioni di linguaggio.
Merlettaia
di Bruges
Mi
trovavo nell’antica città di Bruges e guardando fuori dalle nostre finestre, io
e il mio gruppo vedemmo suonare da vicino le campane della chiesa di Saint
Jaques( chiesa costruita nel 1240 e ingrandita nel XV secolo dai duchi di Borgogna.
Ricco patrimonio artistico con il mausoleo di Ferry De Gros, tesoriere
dell’Ordine del Toson d’oro), che ci chiamavano per
andare alla messa mattutina. La chiesa costruita con grandi mattoni, dominava
la nostra confortevole locanda e il sole risplendeva sul tetto rosso appena
restaurato. Due donne coperte da lunghi mantelli neri con ricche balze cadenti,
stavano parlando sotto un ampio passaggio a volte, che si trovava di fronte a
noi. Avevamo già in programma di esplorare questo passaggio, pensavamo fosse
quello del “Golden
Fleece” che noi stavamo cercando. Questo
voltone ci portava tra case nuove e vecchie, poi si allargava in un piccolo e
irregolare cortile con una vecchia “tourelle”
circolare nascosta da nuovi edifici, mentre sopra i tetti rosa c’era una bella
torre alta e slanciata di vecchi mattoni rossi, gialli, grigi e verso la cima
mescolati con sassi.
di Rue des Aiguilles
Prendemmo
poi un passaggio visto in precedenza e ci portò nella Rue des
Aiguilles dove tra case colorate vedemmo un portone
verde.
Scuola
di merletto in Rue des Aiguilles
(disegno e foto)
Attuale
ingresso della Bladelin House con la piccola finestra
a sinistra
Una piccola griglia
ci fece capire che quello era un convento; ci ricordammo che certi nostri amici
inglesi ci avevano detto che arrivati in Rue des Aiguilles avremmo trovato la scuola del merletto. Noi
tirammo la lunga catenella legata alla campanella e attraverso la grata si presentò un volto
coperto da una bianca cuffia e poi la porta si aprì.
C’era
una gentile monaca vestita di nero con ampie maniche, il suo viso era sereno e
guardava dalle ampie tese della sua cuffia bianca.
Rimanemmo
meravigliate nell’essere accolte così prontamente. Il grande cancello si chiuse
alle nostre spalle e fummo guidate in un silenzioso cortile con alti edifici
sui tre lati e un alto muro sul quarto lato; in un angolo vicino all’entrata
c’era una piccola e graziosa torretta con una rosa rampicante. Noi eravamo così
vicini a Colchis (Patria leggendaria di Medea, oltre
il Mar Nero, e meta della spedizione degli Argonauti per conquistare il Toson d’oro) più di quanto pensavamo.
Questa
casa fu costruita verso il 1470 da Pierre Bladelin,
ciambellano di Carlo il Coraggioso e tesoriere dei Duchi di Borgogna e di
quell’ordine famoso, il “Golden Fleece”. Questo
ordine venne istituito a Bruges dal padre di Carlo V, Filippo il Buono di
Borgogna nel
Filippo
il Buono con il collare del Toson d’oro
In
seguito questa casa divenne una delle più importanti di Bruges, fu abitata da
Thomas Portuari agente bancario dei de’ Medici, dal conte Egmont e da molti
altri nobili.
Conte Egmont, principe di Gavere
e governatore delle Fiandre (venne decapitato il 4 giugno del
In questa immagine porta la
collana con il Toson d’Oro.
In
questa casa sontuosa noi entrammo e una stanza luminosa era piena di giovani
ragazze e bambine sedute in fila per tre. Ognuna aveva davanti a sé un supporto
con un cuscino, centinaia di spilli e molti fuselli di legno tutti in fila,
mentre al centro scendeva una striscia di cartone blù
puntata con degli spilli. Sopra c’era un foglio di carta da lucido che serviva
a proteggere il prezioso merletto, che cresceva sotto le abili ed agili dita.
Alla nostra entrata credevamo di creare stupore o sorpresa tra le 60 lavoranti
e le tre suore dalle cuffie bianche, che le stavano seguendo nel lavoro; questo
non causò nessuna pausa nel lavoro, nemmeno per un secondo. I fuselli
tintinnavano, gli spilli venivano puntati secondo il disegno. Le delicate dita
sottili ed eleganti come quelle delle grandi signore, lavoravano
incessantemente, anche quando noi passavamo tra le file di merlettaie per
incontrare le gentili Sorelle che ci diedero una grande accoglienza con
delicata cortesia, parlando in perfetto francese.
Le
merlettaie erano di tutte le età, dai 7 anni in su. Sotto i 7 anni non potevano
lavorare anche se pur per pochi soldi, erano troppo piccole per iniziare a
guadagnarsi il pane!
Tutte
le allieve potevano stare lì quanto volevano, a loro piacere, alcune
rimanevano nella scuola anche divenute
adulte. Una di loro particolarmente brava era in quella scuola da 26 anni, era
lì seduta con il suo lavoro che dava un’occhiata al lavoro di sua nipote che le
sedeva a fianco con il tombolo. Tutte loro erano molto povere ma decorosamente
vestite ed estremamente pulite. Suor Maria Alfonse
disse ”Non sappiamo quanto povere esse
siano, ma devono essere pulite, se qualcuna non si presenta in ordine, noi le
diciamo di ritornare a casa e di stare attenta alla pulizia. Poi può tornare da
noi”.
Il
convento delle Suore Paoline venne fondato nel 1818 dall’Abate di Foere, un uomo devoto e santo, molto ricco e propenso al
lavoro. Egli fu imprigionato per due anni alla fine del primo impero francese.
Lei continuò raccontandoci: ”Fu durante
questo periodo che compose le sante regole, le nostre sante regole: obbedienza,
preghiera, lavoro. Quando qualcuno vede queste bambine gentili sotto la
protezione delle Sorelle, non pensa nemmeno che per tutto questo, l’abate di Foere possa essere stato imprigionato per due anni. Queste
merlettaie sono state prese dalle famiglie più bisognose e giorno dopo giorno
dalle 7 del mattino fino alle 6,30 di sera loro stanno al caldo, al sicuro e
apprendono un lavoro tutto assolutamente gratis. Le bambine vengono da noi
spesso senza cibo, questa piccola bambina ha un padre cattivo, questa mattina è
arrivata con un piccolo pezzo di pane nero; sarà il cibo per tutta la
giornata.” Noi chiedemmo: “Cosa avete
pensato di fare?” pensando alle 12
ore e più passate lavorando e con solo un pezzetto di pane, troppo poco per una
bambina di 10 anni. La risposta fu “ Noi
non pensavamo di dover provvedere anche al cibo, ma potevamo lasciarle
affamate? No! No! Noi abbiamo sempre pensato di far trovare a loro, un piatto
di minestra.”
E gli
occhi della Sorella luccicavano mentre sistemava uno dei tomboli più vicino
alla luce che entrava dalla finestra. Verso le 11 del mattino entrò una Sorella
con delle giovani bambine, esse tornavano dalla lezione di lettura, scrittura e
matematica. Chiedemmo se veniva
insegnato anche il francese, ma ci fu raccontato “ No, prenderebbe a loro troppo tempo, perché a Bruges si parla il fiammingo.
Alla fine dell’anno verranno rilasciati dei riconoscimenti al “valore”
secondo la bellezza dei lavori eseguiti.
I riconoscimenti consistono in abiti usati con una medaglia con 1 franco o
mezzo franco. Gli abiti e le scarpe sono
cose che vengono solo sognate o desiderate in questa comunità.”
La fila
di zoccoli di legno fuori della porta fa pensare come mai le piccole
proprietarie camminano a passo svelto
attorno alla loro scuola senza timore di prendere freddo? All’interno della
loro stanza stanno al caldo d’inverno, ma le povere Sorelle avranno cibo per
sfamarle tutte? Questa scuola è unica a Bruges; in tutto il, Belgio ce ne sono
Ma il
vecchio regime aveva cambiato considerevolmente quella situazione; la graziosa
scuola in Rue des Aiguilles
contrastava fortemente con la situazione nelle altre scuole fiamminghe.
Andrew Yarraton descrisse nel 1677 una di queste scuole di
merletto fiamminghe: “Mi felicito per
questa scuola di tessitura dove si produce del merletto a fuselli; e in tutte
le città ci sono scuole che accolgono una moltitudine di bambine. Vi racconterò
come vengono governate: c’è una grande stanza con al centro una scatola
assomigliante ad un pulpito e attorno ci sono delle panche, sul pulpito si
trova l’insegnante con una lunga bacchetta bianca pronta da usarla sulle loro
manine. Se nota alcune bimbe a oziare, lei allunga la bacchetta e se la bambina
non continua il suo lavoro lei suona una campanella tirando una cordicella e
ritenendola un’offesa, la fa uscire in castigo.”
Nella
scuola di Bruges si produce del guipure bianco e nero, della Duchesse,
il Bruxelles e il Torchon. Sono tutti fatti a
fuselli, il merletto ad ago viene fatto fuori Bruxelles. Il principale merletto
eseguito in questa scuola è il Valenciennes, dove le bimbe più piccole iniziano
con un semplice bordo largo circa 6-
Il
filato proviene interamente da Nottingham e sarebbe adatto per il merletto
meccanico, non è bello come quello usato a Bruxelles per il merletto fatto a
mano, che è più costoso.
Negli
angoli più bui della stanza si fila il
lino, coltivato a Hal e Rebecq-Rognon
(città del Brabant); costava 500 sterline per libbra.
Il filato e i disegni venivano forniti alle merlettaie dalle manifatture alle
quali non era consentito venderne nemmeno un pollice ed erano pagate con una
misera ricompensa. Il loro grande lavoro, eseguito dalle 7 del mattino fino
alle 7,30 della sera valeva un franco e 25 centesimi per tutta la giornata: non
era la norma comunque! La maggioranza guadagnava dai 40 agli 80 centesimi.
Le
Sorelle ci mostrarono la più abile merlettaia della scuola: una gentile ragazza
di 25 anni con bellissime mani, come tutte le altre merlettaie, sentendosi
osservata si fermò. Stava eseguendo un bellissimo Valenciennes di circa
La
Sorella che in quel momento era di turno nel seguire i lavori (non stava nel
pulpito!), stava eseguendo su di un piccolo tombolo piatto, un grande merletto
con del robusto filo di lino. Ci disse che non poteva lavorare a lungo su quel
merletto perché richiedeva troppa energia: “E’
così teso, così teso per tutto il tempo che le mie mani mi fanno male”.
Il
merletto è stata una delle principali industrie delle Fiandre e per molto tempo
c’è stata una grande controversia per chiarire se il merletto è nato nelle
Fiandre o in Italia.
Il
barone Frédéric de Reiffenberg
(storico belga) asserisce che le “cornette o cuffie” di merletto nacquero nelle
Fiandre intorno al XV secolo.
Una
delle incisioni di Martin de Vos nel 1581, rappresenta
una delle maggiori occupazioni delle bimbe di 7 anni: una donna ricama sul suo
telaio e una giovanetta di lato è seduta davanti al cuscino ed esegue il suo
merletto, puntando gli spilli e dividendo i fili che pendono dai fuselli,
questi roteano tra le mani come fanno ancora oggi le nostre merlettaie belghe.
Nel
museo di Cluny c’è un berretto di CarloV che
indossava sotto la corona, è fatto in tela di lino con ricami in rilievo che
rappresentano le armi imperiali ed è bordato da un raffinato merletto. Questo è
uno dei più antichi merletti; consiste in un bel intreccio di fili che formano
uno sfondo di rete a maglie quadrate. Mary d’Ungheria, sorella di Carlo V e
governatrice dei Paesi Bassi, in un piccolo dipinto a Versailles indossa dei
polsini con un disegno geometrico, chiamato “dentelle”
molto di moda in quegli anni. Entrambi i merletti sono chiaramente di
manifattura fiamminga.
Nel XVI
secolo le Fiandre erano già famose per il loro merletto.
L’Inghilterra,
dopo la Restaurazione (seconda metà del ‘600), era il maggior mercato che
offriva del merletto realizzato a Bruxelles, tale merletto in seguito acquisì
il nome” punto d’Inghilterra”, questo nome è ancora in uso nei giorni nostri.
Punto
d’Inghilterra
Quando Colbert
si accorse che il punto delle Fiandre e di Venezia aveva acquisito una grande
valore, stabilì una manifattura di quell’ineguagliabile merletto di Alencon, nel suo castello di Lonray
e nel 1665 proibì l’importazione di merletti stranieri. L’Inghilterra aveva già
preso questo provvedimento nel 1662 per aiutare lo sviluppo delle sue
manifatture, ma con poco successo a causa del continuo contrabbando.
Un
vascello in viaggio per l’Inghilterra venne preso dal marchese di Nesmond e furono trovati 744.953 pezzi di “ punto di
Bruxelles”: collari, fichus, fazzoletti ecc.
Tra il
XVI e il XVIII secolo i merletti dei paesi delle Fiandre con eccezione di
Bruxelles erano conosciuti come Malines o Mechline.
Bruges,
Ypres, Courtrai e Dunkirk divennero centri manifatturieri e diedero il
nome ai loro merletti. L’originale Punto Malines
veniva realizzato a Malines e Napoleone lo paragonò
ai delicati intagli ornamentali delle guglie della Cattedrale di Antwerp, questo merletto era molto apprezzato in
Inghilterra.
Dopo la
revoca della legge di Carlo II nel 1699 tutti consideravano bello il loro
abbigliamento, se fornito del bel “ Macklin”.
Negli
ultimi 150 anni comunque, Bruges con tutte le altre città ad Ovest delle
Fiandre si è dedicata alla realizzazione del “Valenciennes”.
Le
manifatture attorno Valenciennes entrarono in crisi con la Rivoluzione francese
e anche Napoleone diede loro una mano per risollevarsi verso i primi dell’800.
Nel 1851 si potevano trovare solo 2 merlettaie di circa 80 anni.
Ypres nel
1684 faceva del merletto, noto nel passato come “falso Valenciennes” per
distinguere quello belga da quello francese. Sul vecchio Valenciennes di Ypres, Bury Palliser
scriveva ”Sono tra i più raffinati ed elaborati in questo tipo di manifattura,
su un pezzo di
Alle 6
della sera abbiamo oltrepassato il cancello del convento un’altra volta. Siamo
rimaste affascinate dalla scena laboriosa: le gentili suore e graziose
lavoranti ci avevano dato il permesso di vedere la scuola alla luce delle
lampade. Quando entrammo nella stanza del lavoro rimanemmo stupite nel vedere
una sola luce smorzata che illuminava i lavori. Ci chiedemmo come si poteva
realizzare un così bel merletto con quella poca luce. Le ragazze erano seduto
in 3 o 4 file attorno ad un tavolo, al centro dei quali c’era una piccola lampada, attorno ad essa stavano delle bocce rotonde di
vetro chiaro piene d’acqua. Il raggio della luce centrale colpiva le bocce e da
ognuna di queste partiva un raggio di luce che colpiva i cuscini di 5
merlettaie, questa fila era come la punta di una stella. Da questa semplice
invenzione la luce si lancia sopra il lavoro senza fendere gli occhi delle
merlettaie, questo è un grande beneficio per loro se si pensa che nel ‘700 le
più brave merlettaie divenivano cieche a 30 anni. Noi andammo verso il centro
della stanza e la nostra guida ci chiese se volevamo sentire cantare le
ragazze. Lei aveva già avvisato le ragazze che saremmo ritornate anche alla
sera e loro si erano già preparate. Naturalmente noi eravamo eccitate al
pensiero di sentire cantare le merlettaie fiamminghe. La Sorella con una parola
fece zittire tutte e senza distogliere gli occhi dal suo lavoro iniziò con una
chiara e dolce voce da soprano un inno dedicato alla Vergine Maria: ”E’ lei che ci consola”. Una dopo l’altra
intonarono dei versi…… poi un contralto……..
poi un basso da un angolo della stanza. Come l’inno rosa, pieno di ricchi toni,
era perfettamente modulato con l’accompagnamento del ticchettio dei fuselli
mossi dalle loro dita. Questa atmosfera ci portò fuori (idealmente) in uno
stretto vicolo con alte case, la notte del Venerdì santo: torce fiammeggianti,
luci di candele tremolanti, bianche vesti ecclesiastiche, i terribili fratelli
della misericordia, donne velate di nero, bambini con corone di fiori, folla
inginocchiata sul lastricato, lampioni in ogni finestra. Mentre lo stesso inno
rosa e il vento sussurravano e i pini ad ombrello e le palme…………..
”Questo vi annoia signore?” chiese la
Sorella interrompendo il silenzio che era caduto su di noi.
“ Adesso intoneremo una canzone più allegra,
loro canteranno una canzone sul loro lavoro”. Quando intonarono il ritornello battevano tra le mani i
fuselli cantando:” Tic tac un altro franco nella mia tasca…..”
.
Non so
per quanto tempo rimanemmo ad ascoltare le canzoni e le chiacchierate con la
Sorella dalle mani bianche avvolte nelle ampie maniche, come usavano portare le
religiose. Da lì a poco una porta si aprì, una graziosa Sorella con grandi
occhi viola e lunghe ciglia entrò per dire che la zuppa era pronta.
Il
nostro tempo era finito, Sorella Maria Alfonsa ci
volle indicare la strada del ritorno. Gridò ad una bambina:” Veloce Maria, la lampada e le chiavi!”
Noi
inciampammo scendendo una scala buia e ci trovammo in cortile nell’aria fredda.
La gentile Sorella dall’alto delle scale piegò la testa per darci un saluto: ” Buon viaggio! ” e ci pregò di ritornare.
Un’altra
occhiata al cappello bianco all’esile viso, alla lanterna tremolante e la
grande casa di Pierre Blandelin si chiuse. Il nostro
gruppo ritornò sulla buia via rendendoci conto che avevamo realmente conosciuto
le gentili Sorelle, le gaie bambine ed il velato merletto e le affascinanti
memorie del regno di Borgogna, dei Cavalieri del Toson
d’ Oro che si sono pittorescamente mischiati nelle nostre menti.
Antonio
di Borgogna