LE MERLETTAIE DELLA REGINA a firma di c.e. Tratto da “La Panarie”,  1931

 

Tovaglia “ Visconti” ideata dalla contessa Cora

 

 

Coprivassoio “ Visconti”

 

 

 

FAGAGNA appare in un paesaggio degno dello sfondo d'una Madonna quattrocentesca: radi pini e cipressi sur un colle verde vellutato, in lontananza una rocca e un campanile merlato fra poche case, la pianura evanescente che si fonde col cielo luminoso. Saliti sul colle, non si vorrebbe più rifar la strada del ritorno, ma incamminarsi lungo le stradicciuole solitarie care ad Ippolito Nievo, tra acacie e prati in fiore, sfiorare le aie e le bianche chiese vigilanti a cui fan riscontro i castelli medievali grigi di corruccio. Paesaggio di sogno, il quale mi spiega la ragione per cui qui prospera l’arte del merletto; la sua grazia infatti non suscita e alimenta sentimenti gentili nelle contadinelle che vedo intente allo sfalcio dei fieni ?

 

Fagagna, foto Brisighelli

 

Un canto riga la maestà del meriggio primaverile, passa, s'allontana: le più giovani si rimandano da poggio a poggio i motivi delle antiche villotte. A tratti giungono voci di campane e trilli di uccelli dalle macchie: quasi un richiamo di suoni, il quale spiega ancora il fiorire di un'arte che si rivela persino dalle finestre delle case rustiche, ingentilite, oltre le viti che s'arrampicano sopra gli archi dei sottoportici, di tende ricamate. Le osservo: son proprio tende bordate di merletti; nel centro d’ognuna traspare un motivo di fiori e di foglie; merletti veri, di quelli che usano soltanto le dame nelle loro dimore lussuose.

Una popolana appaga con semplicità la mia meraviglia; ogni casa a Fagagna è fornita di merletti; ogni ragazza che sposa ne reca con sé, come nel tempo in cui la vita scorreva più lenta e più pia, e le mani muliebri traevano dal filo e dall'ago miracoli aracnei. Alla messa della domenica a Fagagna le donne han quasi tutte sul capo dei veli ricamati; e la domenica i giovinotti recan tutti nel taschino della giacca un fazzolettino con un ricamo sull'orlo e due iniziali intrecciate in un angolo.

Raggiungo il paese sostando dinanzi alle case: c’è una Madonnina, sur un muro, anch'essa col suo bravo ricamo sopra lo sporto della nicchia, che sembra una minuscola mensa d'altare.

Ecco, in piazza, un edilizio dai muri senza intonaco, severo e gaio ad un tempo: la” Casa della gioventù”, la magnifica istituzione dovuta alla filantropia di pochi generosi e cresciuta via via per l'amore di pochissimi. In questa casa, accanto a un asilo e a una scuola per i piccoli, ha sede la Scuola di merletti a tombolo. Accompagnato da una suora, attraverso stanze serene, il cortile verde di piante e garrulo di bimbi; entro in una sala, al primo piano dell'ala sinistra del fabbricato, ove scorgo le allieve intente al lavoro; tra esse un’altra suora insegna e sorveglia. Osservo il lavoro che esce dalle dita instancabili di queste contadinelle, le quali a mezzodì han forse lasciato i campi per correr qui a creare meravigliosi merletti. Han dieci, dodici, quindici anni; quando piove, e sono libere dai lavori campestri, capitano anche le mamme e persino le nonne; tre generazioni curve al tombolo, a rifare lo stesso giuoco dei fuselli saltellanti tra la siepe d'innumerevoli spilli che punteggiano il disegno. E l’ordito procede di pochi millimetri al giorno, con diligenza e pazienza claustrali.

 

Particolare dell’aula con le giovani merlettaie

 

Giovane merlettaia, foto Brisighelli

Una suora mi spiega sottovoce :

— Qualcuna - e accenna alle piccole merlettaie - ha atteso oltre un anno al medesimo lavoro.

— Ma è possibile la pratica di tanta virtù, nel secolo in cui le macchine han sostituito il lavoro dell'uomo?

La suora sorride e volge lo sguardo all’uscio, attraverso cui s'intravvede nella penombra una cappellina fragrante di rose e linda di lini. La sua risposta vale più che le parole: quest’arte gentile non è forse una preghiera silenziosa com’era per la cividalese Benvenuta Boiani il mirabile velo da lei offerto al Signore?

E che cosi sia m’assicura la storia della Scuola, sorta con grande fede, sorretta e risorta con fede anche più grande. Istituita il 1° gennaio 1892 dalla contessa Cora di Brazzà Savorgnan, una gentildonna innamorata della sua nuova patria e d'ogni eletta manifestazione d'arte, fu allogata in una stanza concessa dal Municipio, aiutata e sussidiata dal Legato Pecile.

Per sei anni visse dipendente dall'Amministrazione Brazzà che provvedeva filo, fuselli, campioni, disegni, e ritirava tutto il lavoro prodotto dalle merlettaie; mentre il senatore Gabriele Luigi Pecile, bene merito non solo di Fagagna ma del Friuli ed entusiasta della geniale istituzione, provvedeva lo stipendio alla maestra. Alla fine del 1898 la contessa Cora di Brazzà, dovendo recarsi in America, decise di chiudere la Scuola dandone avviso al senalore Pecile ed esprimendo l'augurio che qualcuno ne raccogliesse l'eredità. L'augurio si avverò nel modo più lieto: il senatore Pecile e la signorina Noemi Nigris - ai quali Fagagna deve perenne riconoscenza - s’occuparono tosto con ardore per dare nuova vita all’istituzione. E la Scuola inizia una vita nuova il 1° gennaio 1899: nuova e più intensamente benefica.

Sostenuta dal Legato Pecile che pagava la maestra e il filo, dal Municipio che concesse gratuitamente una magnifica stanza, dai privati che davano le legna per il riscaldamento, dall'Amministrazione Brazzà che continuò a ordinare molti lavori, la Scuola non doveva pensare che all'illuminazione, alle piccole spese di posta, di poligrafo, dei cartoni, della carta per lucidare (carta da lucido), dividendo il guadagno - dedotta una modesta trattenuta per le spese impreviste o anticipate - fra le merlettaie.

L’anno 1908 segna una nuova ascensione della modesta e cara istituzione: più di sessanta bambine frequentano la Scuola, tanto che si deve chiedere al Municipio un'aula più vasta.

I lavori eseguiti figurano intanto in molte esposizioni in Italia e all’estero, ove ottengono le maggiori onorificenze; si allargano e aumentano i clienti, fra i quali la Scuola saluta con legittimo orgoglio S. M. la Regina Madre che, conosciuta la signorina Nigris, vuol rivederla di frequente a Roma, a Venezia, a Salsomaggiore ove raccoglie con benevola e premurosa cortesia, dimostrandole il più vivo interessamento verso la Scuola; e fa numerosi acquisti, commette lavori, ammira i disegni e l'esecuzione, largisce preziosi consigli. Una volta le dice: «Se avverrà che la Scuola non abbia lavoro, mi scriva: ho sempre tante cose da fare, le darò sempre commissioni ». La Regina Madre aveva anzi promesso di visitare Fagagna, senonché la morte repentina le impedì di recarsi nel grazioso paese donde provenivano i merletti a lei cari. E noti e cari i merletti di Fagagna sono anche a S. M. la Regina Elena, che ne ebbe in dono in occasione delle sue nozze.

Fra i clienti più notevoli van poi segnalate le «Industrie Femminili Italiane” di cui la Scuola fa parte, le quali cooperano con ingenti ordinazioni al suo incremento. Il successo è cosi costantemente lieto che ormai il lavoro viene distribuito a domicilio per far fronte alle numerose e crescenti commissioni.

L'accuratissima scelta dei modelli riprodotti dall'antico, fra cui molti di carattere friulano, e il lavoro finemente eseguito, la rendono in pochi anni rinomata in tutta Italia; ed è sotto i più lieti auspici che si preparava nel 1917 a festeggiare il 25° anniversario della fondazione; ma, nell'ottobre, l'invasione disperde opere e propositi.

La ripresa avviene, nel novembre del 1918, per volontà della signorina Nigris, alla quale guardano come a un angelo tutelare i bimbi macerati dalle privazioni della cattività, scossi dalle emozioni dell'esodo; e la Nigris, insieme con l’Asilo e la Scuola, fa rivivere l’industria anticipando i fondi necessari, cozzando con l'inerzia delle operaie, con la difficoltà di provveder cartoni, carta, refe, spilli. A Udine non c'è neppure un negozio. Tuttavia lei si rimette pazientemente a rifare i disegni distrutti, valendosi di alcuni miseri avanzi, e a riprodurne di nuovi; e finalmente, nella primavera del 1920, provvista anche la carta e l’inchiostro per poligrafare i disegni, aduna amorevolmente le bambine che frequentavano le scuole private nella «Casa della gioventù”, sotto la direzione di una Suora di Cantù, della patria cioè del merletto a tombolo. A poco a poco ritornano le vecchie operaie, parecchie delle quali già madri di famiglia; e mentre si cerca di trattenere le bambine nella Scuola per educarle e istruirle, alle spose si dà il merletto a domicilio perché possano, pur lavorando, badare alla famiglia.

 

Servizio all’americana con merletto tipico di Cantù a punto Venezia

Sottopiatto per pesce “ Venezia”

 

 

Ormai la Scuola è rinata e procede sicura: la Presidente signorina Nigris non solo la sorregge e sorveglia, ma - esperta nel disegno com’è - provvede personalmente tutti i modelli e pensa allo smercio della produzione. I primi merletti rientrano cosi nelle case friulane, spoglie di ogni cosa, a recare il sorriso della gentilezza nelle guardarobe predate. I prodotti riprendono, attraverso le “Industrie Femminili Italiane”  la via di Roma, di Milano, di Torino, di Genova, donde arrivano sempre nuove e crescenti ordinazioni. II prossimo anno la Scuola festeggerà il quarantesimo anniversario della fondazione: e sarà festa di popolo, ché essa ormai costituisce una piccola gloria di Fagagna laboriosa, e sarà festa di riconoscente amore verso colei che, con friulana tenacia, ha saputo alimentare l’amore per l'arte gentile.

Quante signore conoscono la Scuola di merletti a tombolo di Fagagna? È una domanda discreta, a cui risponderanno le lettrici gentili. Per mio conto, loro un consiglio: di andarla a visitare. Ne ritrarranno un'impressione commovente di grazia e di serenità. Aggiungo anche di orgoglio, in quanto i preziosi merletti, al modo stesso dei fiori cresciuti nei prati, escono dal cuore, più che dalle mani, di umili figlie del popolo nostro.

 

Sottobicchiere

 

 

 

Tovagliati Friulani

Rocchetto donato dalla Scuola a S. E. monsignor A. A. Rossi

Ventaglio

 

Tovaglietta “Layard”, ideata dalla contessa Cora

 

 

Nel “Giornale di Udine” del 06 settembre 1909 è apparso un articolo su una mostra svoltasi a Martignacco, dove si fa cenno anche della scuola merletti della contessa Cora: “Affermo l'interesse vivissimo col quale ho assistito ai lavori di merletto, l’industria fondata della contessa Corà di Brazzà, della scuola di Brazza: di bambine di appena sei e sette anni che fanno lavorucci con una serietà e grazia che strappano i baci. L'esposizione dei merletti è quest'anno notevolissima per la bellezza di alcuni prodotti.”

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Sitografia

 

https://archive.org/details/la-panarie-1931/

https://archive.org/details/213_GiornaleUdine_06-09-1909

 

 

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