Dai merletti della Serenissima a quelli di Battaglia
Terme
A cura di Paolo Franceso
Zatta
Questo articolo è stato pubblicato nel nr. 46 della Rivista di storia e cultura “TERRA D’ESTE”
Per gentile concessione del sito https://battagliatermestoria.altervista.org/merletto-battaglia-terme/
Alla fine la produzione dei merletti arrivò anche a
Battaglia Terme e la loro storia, alla quale sono giunto un po’ per caso, ma
nella quale ho trovato grande interesse, l’ho raccolta dalla signora Mimma Maria Giovanna Ferrazzi,
coniugata Salvan: una bella signora dallo sguardo
limpido e dal sorriso accattivante che non ha età. “Tutto iniziò con la nonna Carlotta Ciprian,
nata a Battaglia Terme nel 1873“; così comincia il narrare della signora Mimma.
Mimma Ferrazzi, coniugata Salvan, nipote di Carlotta Ciprian.
Foto: Luciano Bellesso.
Carlotta Ciprian, figlia di
Giuseppe (1845-1922) e di Barbara Ferrazzi
(1845-1812), fin da fanciulla si rivelò attenta, curiosa, intelligente e,
soprattutto, amante del ricamo col quale passava ore e ore, seduta davanti alla
porta di casa, con ago e filo in mano. Una vera passione che al tempo
accomunava molte giovani fanciulle, ma anche donne mature, perché, come si
diceva allora: “ago e pesseta xe ‘la
richessa de ‘la poareta“. Il
ricamo era infatti, specie per le giovani di estrazione contadina, un’occasione
per procurarsi qualche soldo extra da poter gestire in autonomia. Nonostante
numerose fossero le ragazze e le donne dedite al ricamo, solo lei, la giovane
Carlotta, venne notata dal conte Angelo
Emo Capodilista 3
e dall’altrettanto blasonato Victor Wimpffen 4. Colpito infatti dall’abilità
di Carlotta, il von Wimpffen volle presentarla a Michelangelo Jesurum
5, della rinomata omonima ditta di ricami di Venezia, il quale aveva
un merletto pregiato bisognoso di un profondo restauro al quale compito nessuna
delle sue lavoranti era in grado di assolvere. Era il 1891 e Carlotta, giovane
diciottenne, aveva già maturato una sua esperienza nel campo del merletto con
un gruppo di amiche 6. Con stupore Jesurum
dovette ammettere che il lavoro di restauro eseguito da Carlotta aveva superato
ogni sua aspettativa, anzi, a dirla tutta, all’inizio non aveva riposto alcuna
fiducia in questa giovane ragazza. La ditta veneziana di merletti Jesurum era di riconosciuta fama internazionale; la sede si
trovava in quel di S. Marco, giù del ponte della canonica. Una ditta che
produceva gli apprezzatissimi merletti di Venezia, Burano, Pellestrina e Chioggia famosi un po’ in tutto il mondo. Un’azienda che
forniva le famiglie ricche, al di qua e al di là dell’oceano, non solo di
merletti di ogni tipo e foggia, ma altresì di ogni altra occorrenza sempre dai
gusti raffinati, dai veli da sposa a quelli da cerimonia, dai colli alle
sciarpe, dai ventagli ai fazzoletti, compresi quelli che le giovani fanciulle
facevano “inavvertitamente” cadere ai piedi di un galante cavaliere perché li
raccogliesse. Jesurum produceva ogni cosa bella per
la casa, dalle tovaglie ai servizi da tè dai centro tavola ai servizi americani
dalle lenzuola alla biancheria fino alle tende di ogni tipo e dimensione, ai tulle ricamati e molto
altro ancora. Un apprezzamento di Jesurum per la
giovanissima Carlotta era quindi un complimento non certo di secondaria
importanza. Visto il risultato ottenuto inaspettatamente da Carlotta, questa
lavorò per qualche anno per Jesurum.
Carlotta Ciprian con la
figlia Anna, che indossa la divisa del collegio delle Dimesse.
Carlotta tuttavia, che già ricamava da tempo per conto
suo ed aveva delle amiche che ricamavano pure loro, appena ventenne, si mise in
proprio con la ditta Carlotta Ciprian, come documentano gli archivi della Camera
di Commercio di Padova.
Carlotta conosceva bene il conte Angelo
Emo e la consorte di questi la contessa Emilia Barracco
7 per la quale eseguì lavori di ricamo e confezioni varie. Furono
proprio gli Emo a suggerire a Carlotta di insegnare
l’arte del ricamo ad altre giovani, specie a quelle di Pernumia.
A quei tempi l’unica entrata in una famiglia contadina proveniva dal lavoro dei
campi, un lavoro davvero ingrato e misero specie per le famiglie numerose. La
proposta venne accolta di buon grado da Carlotta, la quale, superati presto gli
inevitabili problemi iniziali, avviò al meglio l’attività. Carlotta e le
ragazze si riunivano in un salone messo a disposizione dal conte Angelo, dove
le giovani vennero istruite per poi iniziare la produzione vera e propria sotto
la guida dell’attenta Carlotta. Il “salone dei ricami” si trovava a Pernumia, all’interno di villa Emo Capodilista-Maldura,
“el palasson”. Il conte
Angelo mise a disposizione di Carlotta tutto il necessario, fìnanco
una carrozza che andava a prendere e riportare a casa la giovane imprenditrice.
Iniziò così a palazzo Maldura la prima scuola del
merletto di Battaglia e il ricamo per il “vero ago di Spagna” (1904). Mentre a Pernumia si produceva il merletto, a Battaglia, a casa di
Carlotta in via Terme (oggi n. 83), aveva sede la ditta Ciprian,
dove si eseguiva il ricamo su tela e l’assemblaggio dei merletti prodotti dalle
lavoranti. All’iniziò i lavori furono semplici, ma ben presto le giovani
merlettaie si dimostrarono valenti e volonterose, nonché veloci nell’apprendere,
padrone di un talento naturale, tanto che dopo un po’ le ragazze di Pernumia divennero loro stesse le istruttrici delle
neofite, così che Carlotta non dovette più andare quotidianamente a Pernumia per seguire le lavoranti.
Alcuni esempi di merletti ad ago detti “Scacchi”. Da
questi campioni si traevano le idee per i vari lavori da eseguire a richiesta
dei clienti per applicazioni per angoli di centri, tovaglie, tovaglioli ecc.
Foto: Luciano Bellesso. Nel giro
di qualche anno, quando oramai era stato raggiunto un buon livello nella
qualità della lavorazione e tutto procedeva per il meglio, per la giovane
Carlotta non fu più necessario ritrovarsi nel “salone dei merletti” di palazzo Maldura in quanto le lavoranti avevano trasferito il lavoro
a domicilio per disporre al meglio del loro tempo libero dopo il lavoro in
campagna e l’assolvimento degli obblighi della famiglia. Quando il lavoro
assegnato era terminato, erano le stesse lavoranti che lo facevano pervenire a
Carlotta nella sede della ditta a Battaglia.
Più che un mestiere quello delle lavoranti della ditta Ciprian
si poteva definire, senza meno, un’arte che allora veniva chiamata del merletto a Scacchi in quanto i primi
lavori consistevano nella produzione di quadrati di merletto ad ago ricamati
che venivano poi assemblati e ricamati su tele di varie dimensioni a seconda
delle richieste.
Copri sedile per una sedia da salotto o da camera da
letto. Viene ora usato come centro tavola; chi oserebbe oggi sedersi sopra un
così bel capolavoro? La parte centrale di tela è un bisso di puro lino di cm
15×15. L’esterno è un merletto punto ad ago di Battaglia. Il disegno è il
caratteristico quadretto geometrico che si ripete e si moltiplica nelle varie
combinazioni e che perciò veniva chiamato merletto “a scacchi”.Foto: Luciano Bellesso.
L’attività della ditta Carlotta Ciprian,
iniziata quasi per caso, ebbe a durare quasi mezzo secolo. Tutto nacque, come
già detto, in quel di Pernumia con il patrocinio del
conte Angelo Emo e della sua consorte i quali
affidarono alle ragazze lavori di un certo impegno come l’esecuzione delle
tende di villa Selvatico 8,
della sala del Consiglio comunale di Padova, ma anche biancheria personale e
per la casa, dando così un’opportunità, a chi viveva in estrema povertà, di
guadagnare qualcosa. Carlotta iniziò la sua attività con circa una ventina di
ragazze, che vennero successivamente affidate alla maestria di tale Maria, detta Bandina. Le ragazze si recavano
al lavoro con il tradizionale corpetto di lana con le maniche di colore verde,
uscendo da un mondo contadino di stampo arcaico per incontrare esperienze di
vita diverse e prendendo coscienza del loro ruolo sociale e economico: una vera
rivoluzione per le donne contadine del tempo le quali, per la prima volta,
guadagnavano infatti dei soldi che potevano tenere per sé, quando prima di allora
il denaro rimaneva fisso nelle tasche degli uomini.
La villa Selvatico immersa nel verde dei Colli Euganei.Foto: Alessandra Lanza.
I mesi più produttivi per il lavoro di ricamo erano
quelli invernali quando le donne, libere dal lavoro in campagna, si riunivano
nel tepore della stalla a “fare fìlò” 9
dopo aver assolto ai compiti della casa e della famiglia. I lavori, quando
venivano consegnati – ricorda la signora Mimma – avevano l’afrore della stalla
tanto che dovevano essere appesi all’aria aperta per vari giorni per una sorta
di igienizzazione. Nel 1903 la ditta Ciprian ottenne
un importante riconoscimento con la medaglia di bronzo all’Esposizione
Regionale di Udine, e nel 1910 la medaglia d’oro all’Esposizione di Pontevigodarzere.
Cartoline stampate in occasione delle due esposizioni
in cui la ditta Ciprian ha ottenuto importanti
riconoscimenti.
Riproduzione per gentile concessione dell’archivio
della Camera di Commercio di
Padova.
Oltre all’industria del “vero ago di Spagna”, iniziato
a Battaglia e Pernumia col patrocinio della contessa
Emilia Emo Capodilista e al
laboratorio di Carlotta Ciprian, successivamente
altri laboratori di ricamo e merletto sorsero in quell’area per alimentare il
florido commercio del merletto, ma erano dimensioni familiari come quelli della
signora Vittoria Galimberti, della signora Ravenna,
della signora Giovanna Vianello di Abano e altri ancora.
Il 7 giugno del 1911 Carlotta Ciprian presenta alla
Camera di Commercio Industria e Artigianato di Padova (Prot.
6124, Reg. n. 4899) la richiesta per il commercio di merletti e ricami a mano
che produceva fin dal 1891-93. Nel 1923 la ditta Ciprian
ottenne un prestigioso riconoscimento con la medaglia d’argento alla mostra
dell’artigianato di Firenze. In quell’anno gli artigiani fiorentini si
organizzarono infatti di propria iniziativa per dare vita ad una mostra-mercato
all’interno della Fiera di Firenze, un evento che nel 1931 verrà riconosciuto
come “Mostra dell’Artigianato” di respiro nazionale: un giusto riconoscimento
all’eccellenza della creatività, dell’inventiva e dell’estro dei maestri
artigiani dopo i successi ottenuti nelle manifestazioni precedenti del 1923 e
1926.
Con il periodo bellico 1915-18 la crisi del merletto si fece pesantemente
sentire tanto che lo stesso Jesurum, per non fallire,
dovette riconvertire la produzione di merletti nella fornitura di materiale per
le esigenze militari. Passata la Grande guerra la ditta Ciprian
si riprese. Il 25 maggio 1925 viene presentata da signora Carlotta alla Camera
di Commercio e Industria di Padova la denuncia complementare (Prot. 11000, Reg. 6084) per l’apertura di un negozio per il
commercio al minuto di merletti e ricami a mano in via Gualchiere n. 2, a
Padova. Il negozio si trovava vicino agli ex mulini Grendene,
scomparsi per il selvaggio interramento dei canali cittadini.
Guida di Padova amministrativa, commerciale,
industriale, 1927
Carlotta Ciprian aveva una
figlia di nome Anna (1904-1980)
che aveva iniziato gli studi al Collegio delle “Dimesse” di Padova 10, e durante la Grande Guerra e la
Rotta di Caporetto fu costretta a trasferirsi al collegio Angiolini di Firenze
per continuare gli studi delle magistrali, studi che terminò al suo rientro a
Padova. Anna Ciprian era una giovane intelligente,
attiva e talentuosa nel campo della pittura, della musica e del canto. Anna
lavorò pure di ago e filo accanto alla madre imparando l’arte e il buongusto
del ricamo e del merletto. Il 12 ottobre 1927, a ventiquattro anni, Anna sposa Angelo Ferrazzi,
ufficiale di carriera, nato a Pellestrina il 3 giugno
1894, laureato in legge. Avranno quattro figli: Mimma, Mario, Angela Maria e
Maria Luisa.
Disegno su carta velina firmato da Anna Ciprian (11 ottobre 1917) che traccia il lavoro da eseguire
da parte delle merlettaie.
Tra le due guerre il numero delle lavoranti della
ditta Ciprian sfiorò le mille unità rendendo ad un
certo punto impossibile, per ragioni di costo, il “mettere in regola” tutte le
collaboratrici che abitavano per lo più fuori Battaglia, da Pernumia
a San Pietro Viminario, da Pozzonovo
a Monselice. Battaglia Terme – commenta la signora Mimma: “è un paese che non ha mai
condotto in porto un progetto iniziato: c’era un mulino che ha chiuso, le
officine Galileo hanno pure chiuso, mancava insomma una mentalità
imprenditoriale perché c’era piuttosto una mentalità impiegatizia“.
L’abilità delle merlettaie era davvero incredibile; esse riuscivano a
cimentarsi in opere davvero raffinate sia per l’ideazione che per l’esecuzione.
Le lavoranti percepivano i contributi solo se facevano parte del laboratorio,
mentre a quelle che lavoravano a domicilio i contributi non venivano assegnati
in quanto non si poteva quantificare il tempo reale d’esecuzione dei lavori
assegnati. Le donne infatti riservavano al lavoro di ricamo e merletto il tempo
che rimaneva loro libero dagli obblighi della famiglia e dal lavoro dei campi,
per cui i tempi di esecuzione potevano essere di settimana o di un mese a
seconda della disponibilità di tempo e della difficoltà del lavoro da eseguire.
La retribuzione veniva pertanto stabilita in base al peso e alla qualità del
filo che veniva loro consegnato e alla difficoltà del lavoro. Quando poi
vennero emanate le leggi che imponevano il versamento dei contributi anche per
le lavoranti a domicilio, questo rese impossibile un ragionevole rapporto
costo/guadagno per chi intraprendeva.
Fra i migliori acquirenti della ditta Ciprian, oltre
ai più volte citati Capodilista, c’erano le famiglie
dell’alta borghesia come i Treves,
gli Zara, gli Orvieto ed una vasta clientela
benestante in varie parti d’Italia, d’Europa e d’America.
Con l’avvento del fascismo iniziarono a farsi sentire le difficoltà in seguito
alle sanzioni economiche inflitte dalla Società delle Nazioni all’Italia in
risposta all’attacco perpetrato dal regime fascista contro l’Etiopia. Tali
sanzioni rimasero in vigore dal 18 novembre 1935 al 4 luglio 1936, periodo
durante il quale venne proibita l’importazione e l’esportazione di beni con
l’estero. Mussolini come reazione introdusse il regime autarchico con
l’autosufficienza dell’economia chiusa. Nonostante le difficoltà l’autarchia fu
di stimolo e di promozione, come mai in precedenza, della ricerca scientifica
soprattutto nel campo dell’industria chimica, in cui ebbero un ruolo importante
l’Istituto Guido Donegani di Novara 11, la
Società Agricola Italiana Gomma Autarchica, l’Azienda Nazionale Idrogenazione
Carburanti (ANIC) per la produzione di carburanti autarchici partendo dal
carbone e l’Agenzia Generale Italiana Petroli (AGIP). Alcuni di questi istituti
sopravvissero alla II guerra mondiale ed espressero tutto il loro potenziale
con Enrico Mattei che fu tra i propulsori della ricostruzione post-bellica
dell’Italia con l’IRI che era stato costituito nel 1933 12 e che fu
determinante nel cosiddetto “boom economico”.
Le restrizioni e l’autarchia non penalizzarono tuttavia più di tanto i merletti
di Battaglia, in quanto si riuscì a reperire comunque il materiale di buona
qualità sia da ditte italiane che da alcune ditte europee.
Vestito da bambina in organdis per la prima Comunione.
Il girocollo è un pizzo ad ago. Da esso si diparte il vestitino che ha una
serie di piccole pieghe fissate a punto a giorno. Esse tengono il corpetto
aderente al corpo fino al girovita e poi il tutto si allarga nella gonna
ricamata con motivo a punto ombra, punto passato ed inserti in tulle. I polsini
delle maniche sono in merletto come il collo. Il tutto è completato da una
cuffietta a punto ad ago con disegno di roselline. Foto: Luciano Bellesso.
Il 13 gennaio 1937 la signora Ciprian
dichiara alla Camera di Commercio di Padova di aver cessato l’attività del
negozio in via Gualchiere. Il negozio venne ceduto alla direttrice del
medesimo, la signora Angela Alfonsi che lo trasferì
in via Roma a pochi passi dalla chiesa dei Servi. Nel 1938 il dr Angelo Ferrazzi, marito di Anna, venne chiamato a servire la Patria
ricoprendo incarichi importanti fino a diventare ufficiale d’ordinanza del
generale Mario Roatta, Capo di Stato Maggiore
dell’esercito 13. Il 31 maggio 1940 il sindaco di Battaglia Terme,
l’ing. Donato Mastrapasqua, certificherà, su
richiesta della titolare, la cessata attività della ditta Carlotta Ciprian, dopo 47 anni di onorato esercizio. Il 18 novembre
successivo il dr Ferrazzi, fu Demetrio, “di nazionalità italiana-ariana“, genero della signora Carlotta,
in qualità di titolare e proprietario unico notifica all’Ufficio Provinciale
dell’Economia Corporativa di Padova (Prot. 1076, reg . 43392) l’inizio di una ditta di produzione e
commercio all’ingrosso di pizzi e ricami a mano, secondo le disposizioni del T.U. del R.D. 20
settembre 1934, n. 2011. Mentre il marito gestiva gli affari di famiglia, Anna
si dedicò a descrivere nei dettagli i metodi di lavoro del merletto di
Battaglia, che era diverso da quello di Venezia, più “fisso e duro”, e perfino
diverso da quello di Burano, che è molto più delicato
e che assommava le caratteristiche del Burano e del
Venezia con la predilezione per l’orlato-figurato.
Dopo la guerra 1940-45 le grandi famiglie borghesi avevano il grande problema
della ricostruzione delle aziende familiari e l’acquisto dei bellissimi lavori
di ricamo e merletto non stava nelle loro priorità. Era ormai finita un’epoca.
I ricami e i merletti erano senza alcun dubbio molto belli, delle vere opere
d’arte, ma di grande delicatezza e bisognosi di cure adeguate. Per le mutate
condizioni economiche e di costume non c’erano più le governanti e le
cosiddette “donne delle chiavi” delle ricche famiglie borghesi, con le loro
conoscenze e mansioni, alle quali veniva affidato il guardaroba, l’uso della
biancheria, con i tempi dei ricambi, le manutenzioni per l’usura ecc … Il dr. Ferrazzi aveva nel frattempo assunto la rappresentanza per
le tre Venezie di importanti aziende come la Sotema di Milano, per la vendita di telerie (CCIA di
Padova, Reg. 43392, prot. 969 del 27 luglio 1956), la
ditta di tessiture a mano Telaio d’Oro, pure di Milano, e la ditta Dino
Innocenti di Firenze per il commercio all’ingrosso di telerie e tessuti (CCIA
di Padova, Reg. 433 del 29 luglio 1957).
La ditta Angelo Ferrazzi verrà definitivamente
cancellata dai registri della Camera di Commercio con l’ordinanza n. 25 del 15
ottobre 1982 dopo circa quarant’anni di attività. Alle merlettaie rimase
comunque nella memoria e nella pratica quell’arte che seppero trasmettere alle
donne più giovani che ancora oggi continuano a produrre cose belle secondo il
loro gusto e uso personale. La fine dei merletti di Battaglia venne determinata
dall’insostenibilità dei costi dei manufatti che richiedevano tempi lunghi di
esecuzione e di conseguenza costi elevati di vendita. Possiamo dire, con grande
rammarico, che la cosiddetta modernità ha avuto il sopravvento sulla bellezza
di un’arte di altissimo livello. Era giunto il nuovo gusto delle cucine
americane di fòrmica, dei rigattieri che compravano
“mobili vecchi” per due soldi, per sostituirli con cose più pratiche e di
maggiore appetibilità sul versante dei costi, e così nella casa entrò il regno
della plastica del moplen dei caroselli ecc.
Ogni stagione, lo sappiamo bene, ha i suoi frutti e non sempre sono frutti di
qualità. Tovaglie, lenzuola, tende, centri, cuscini, pizzi, trine, frutto
dell’arte e della pazienza di tante umili quanto capaci mani di donne tenaci e
volonterose, amanti delle cose belle (dalle tane nascono i fior) con i vari
punti Richelieu, Pisano, Inglese, a dado, ad ago di Spagna, Venezia, filet, sardo, siciliano, Assisi, ombra ecc.,
sono ormai un capitolo chiuso, sicuramente per quella che fu la quasi
centenaria storia del merletto di Battaglia Terme.
3) Angelo Emo Capodilista (Padova 29 gennaio 1871) era figlio del conte
Giovanni (28 settembre 1828) e di Maria De Orestis
(17 settembre 1837). Angelo sposò Emilia Barracco
(Napoli 1880- Arolo 1905), figlia del barone Roberto Barracco di Cotron (Calabria) e
di Artemisia Senarega dalla quale ebbe tre figli:
Andrea (Battaglia Terme (PD) 4 ottobre 1901 – Roma 11 settembre 1983) che sposò
Giuseppina Pignatelli della Leonessa (Napoli 1871 – Roma 1931), figlia di Luigi
Pignatelli della Leonessa Principe di Monteroduni edi Sepino; Gabriele (Padova 21
maggio 1883?? – Londra 30 aprile 1903) che sposò a sua volta Caterina Mario,
figlia di Pio e di Rufina Massimo, il 15 giugno 1940;
e infine Maria (Battaglia Terme, 12 aprile 1905 – Roma 13 dicembre 1911). Il
conte Angelo aveva trascorsi di ufficiale della Regia Marina e titolato
cavaliere di Malta. Nel 1891 la famiglia, per regio decreto, divenne Emo-Capodilista-Maldura. Angelo era infatti pronipote del
canonico Andrea Maldura di Padova. Quest’ultimo per
evitare l’estinzione della sua famiglia, priva di discendenza maschile, nominò
Angelo suo erede universale, nel 1887, a condizione che aggiungesse al proprio
cognome quello dei Maldura. (Archivio Emo Capodilista-Maldura.
Inventari, a cura di F. Cosmai e S. Sorteni, Quaderni del Bollettino del Museo civico di
Padova, Padova, 2009, p 556.).
4) Il nome di Victor von Wimpffen, è stato
recentemente ricordato in occasione di una donazione, del l0 febbraio 1867,
della collezione di minerali entrata a far parte della più nota Collezione Da
Rio. Senza dubbio l’artefice dell’atto fu il conte Victor. Questa piccola ma
interessantissima collezione ci perviene integra dal lontano 1865 ed è stata
esposta al pubblico per la prima volta al “Naturalia et Mirabilia” nell’aprile del 2013 al Museo Provinciale di
Villa d’Este a Baone e curata da Franco Colombara e Leopoldo Fabris.
5) Michelangelo Jesurum aprì la sua attività di
merletti ed affini a Venezia nel 1870 dopo aver appreso l’arte in quel di Pellestrina che aveva ripreso l’arte antica. All’inizio del
XX secolo Jesurum, che si onorava di essere fornitore
della casa reale Savoia, contava sull’opera di ben 3.000 lavoranti e nel 1906
aprì un museo del merletto presso la propria abitazione. Con la I guerra
mondiale Jesurum dovette trasformare la sua
produzione dai merletti alle uniformi militari rischiando, con la fine della
guerra, la chiusura della ditta per bancarotta. Nel 1939 la proprietà della
ditta passò alla famigli Levi Moreno che mantenne il famoso nome di fabbrica.
6) J. Ballarini Orfei, Battaglia Terme, a cura
del Centro Didattico di Padova, 1942, p. 53.
7) Emilia Barracco, figlia di Roberto Barracco di Cotron e Artemisia Senarega, apparteneva ad una famiglia baronale calabro-napoletana.
Sposò Angelo Emo-Capodilista-Maldura dal quale ebbe
tre figli: Andrea (Battaglia Terme, 4 ottobre 1901- Roma, 11 settembre 1983);
Gabriele (Padova, 30 aprile 1903 – Londra, 21 maggio 1983); Maria (Battaglia
Terme, 12 aprile 1905 – Roma, 13 dicembre 1911).
8) Villa Selvatico-Sartori, costruita sul finire del
sec. XVI sulla sommità dello storico colle di Sant’Elena, chiamato monte della stupa, per la presenza di un’antica grotta sudorifera che
ne determinò la fortuna. Alessandro Varotari detto il
Padovanino vi dipinse la Gloria dei Selvatico. Villa
Selvatico giunse al suo massimo splendore nell’800 quando accoglieva gli
Asburgo e la bella nobiltà europea.
Per quattro secoli fu dimora dei marchesi Selvatico-Estensi,
dei Conti Wimpffen e dei Conti Emo-Capodilista.
Fu residenza ufficiale del Re d’Italia durante la prima guerra mondiale.
Ospitò personaggi illustri quali il re del Belgio Alberto I e fu lo scenario
del primo incontro tra i futuri sovrani Umberto II e Maria ]osé.
9) R. Valandro, Col merletto di Battaglia quattro generazioni di
contadine si sono fatte la dote, la Difesa del Popolo, 27 luglio 1980, p.31.
10) La “Compagnia delle Dimesse” nacque come istituzione religiosa fondata da Padre Antonio Pagani allo scopo di
unire le attività
contemplative con quelle pratiche
di tipo benefico.
Padre Pagani nacque a Venezia nel 1526 e dopo la laurea in diritto, conseguita a Padova, entrò nell’ordine
dei frati minori di S. Francesco. Le Dimesse si diffusero
in tutto il territorio della Serenissima: a Murano, Burano, Bergamo, Verona, Schio, Thiene, Feltre, Udine e Padova. Solo a Udine e a Padova riuscirono a salvarsi dalle soppressioni degli enti religiosi
da parte di Napoleone in quanto dal 1812 erano state riconosciute come Istituzione Educativa. A Udine le sorelle Nicolosa e Cesarea della Rovere, nel
1656 fondarono l’istituzione
per l’educazione femminile aprendo delle scuole
private che vennero autorizzate dalle autorità nel 1842.
11) Nel
1921 nasce la Società Etettrochimica Novarese per iniziativa di Giacomo
Fauser e Guido Donegani, e nel 1922 viene realizzato il primo laboratorio di ricerca all’interno dello stesso stabilimento.
Nel 1934 è inaugurato, esterno all’azienda, il Laboratorio di Ricerche di
Chimica Inorganica. Guido Donegani (Livorno, 1877 – Bordighera,
1947) venne accusato di collaborazione col nemico e arrestato
dai tedeschi e poi rilasciato nel ’44. Nel ’45 venne di
nuovo arrestato dagli Inglesi per lo stesso motivo, e dopo la scarcerazione fu colpito dal mandato
di cattura del Comitato di Liberazione
Nazionale che lo accusava di collusione
col regime. Visse per circa
un anno in clandestinità fino
al proscioglimento. Morirà il 16 aprile 1947 a Bordighera in stato di grave deperimento psicofisico.
12) IRI, acronimo
di Istituto di Ricostruzione Industriale, ente pubblico istituito nel 1933 e liquidato nel 2002. Venne istituito dal capo del governo del tempo Benito Mussolini per evitare
il fallimento delle principali banche italiane come la Banca Commerciale, il Credito Italiano,
il Banco di Roma e il conseguente
crollo dell’economia italiana colpita dalla crisi mondiale
iniziata nel 1929.
13) Mario Roatta
fu un militare italiano
(Modena 1887 – Roma 1968). Partecipò alla prima guerra mondiale e fu addetto militare a Varsavia, Riga,
Tallinn, Helsinki. Comandò il
corpo di spedizione italiano in Spagna (1936-39) e nel 1939 fu inviato a Berlino come addetto militare. Nominato Capo di Stato Maggiore nel 1941, nel settembre 1943 seguÌ il re e Badoglio a Brindisi. Arrestato nel 1944 con l’accusa di aver sostenuto il fascismo dopo
il 25 luglio 1943 e soprattutto per non aver difeso Roma, riuscì a evadere dall’ospedale dov’era ricoverato e a rifugiarsi nella Spagna del generale Francisco
Franco. Fu condannato all’ergastolo
in contumacia, ma la sentenza
venne annullata nel febbraio 1948. Il 7 febbraio 1948 nel frattempo il governo
varò un decreto, proposto dall’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Giulio
Andreotti, con il quale si estinguevano
i giudizi ancora pendenti dopo l’amnistia del 1946.
Nel 1949 Roatta venne sottoposto a nuovo processo, ma fu prosciolto in istruttoria nel 1953. Rientrato in Italia nel 1966, morì a Roma nel 1968.
Cfr. Roatta Mario www.treccani.it
Ringraziamenti del curatore di questo bellissimo articolo
Sono riconoscente alla sig.ra Mimma Ferrazzi
Salvan per avermi fatto conoscere un mondo in buona parte a me sconosciuto. Un sentito ringraziamento è dovuto anche alla dr.ssa Lidia Salvan per la cortese assistenza tecnica. Infine sono riconoscente
all’amico Luciano Bellesso per essersi generosamente prestato a fotografare un centinaio di merletti e ricami
della ditta Carlotta Ciprian, messi a disposizione della sopracitata signora Mimma, che qui presentiamo solo con qualche esempio.
BIBLIOGRAFIA
DORETTA DAVANZO POLI, Il merletto veneziano, Istituto geografico De Agostini, 1998.
DORETTA DAVANZO POLI, Venezia – Burano. Il Museo del merletto, Marsilio, Venezia 2011 Touring
Club Italiano, Museo del merletto di Burano,
in: Musei dell’artigianato:
oltre 300 collezioni in
Italia, 2003, pp. 98-99.
A.C.S. Murazzo,
Il merletto di Pellestrina, Stamperie di Venezia, Mestre
1986.
G. ROMANELLI MARONE, Le trine a fuselli, Hoepli, Milano 1902.
E. PARMA ARMANI (a cura), Il merletto del pizzo di Rapallo, la manifattura di Mario Zennaro, 1908-1968, SAGEP, 1990.
L. DE GASPERI, Merletto a fuselli, l’arte del ricamo secondo la tradizione, Giunti ed. 2005.
Ringraziamenti
Ringrazio vivamente l’autore
di questa pagina, il Sig. Paolo Francesco Zatta che ha raccontato
un’affascinante storia del territorio Veneto, ringrazio il sito www.battagliatermestoria.altervista.org
che con ampia disponibilità ne ha concesso la pubblicazione.