Aemilia
Ars
La storia Oggi, “Aemilia Ars”
è il nome del merletto di Bologna nato grazie alla tenacia della contessa Lina Bianconcini Cavazza, sostenitrice dell'insegnamento del reticello e del “punto in aria”. Quest'arte così
elaborata, produceva un merletto di stile antico per adornare corredi e capi
di biancheria con soggetti romantici rappresentati da fiori, stelle, uccelli
e frutti. Nel passato
“Aemilia Ars” era il nome di una società che fu fondata nel 1898 per
iniziativa di un gruppo di persone composto da nobili (tra i quali il conte
Francesco Cavazza), imprenditori e artisti riuniti
tutti insieme grazie al carisma e alle conoscenze
dall'architetto-restauratore Alfonso Rubbiani. Lo scopo dell'associazione era quello di
proteggere le arti e industrie decorative della regione emiliana e di dar
vita ad un rinnovamento nelle arti decorative, applicate sugli oggetti di uso
quotidiano. Direttore artistico
dell'impresa era Alfonso Rubbiani, singolare figura
di artista, acceso sostenitore del recupero dell'arte medioevale e
rinascimentale, che credeva fermamente nella natura come fonte di
ispirazione. L'Aemilia Ars,
attraverso i suoi artisti (citiamo: Achille Casanova, Giuseppe de Col,
Edoardo Collamarini, Augusto Sezanne
e Alfredo Tartarini), forniva modelli e nuovi
disegni alle varie industrie e ai laboratori artigiani della regione che si
sarebbero occupati della realizzazione. L'attività copriva tutti i settori
delle arti applicate: dai
mobili alla ceramica, dai vetri ai ferri battuti, dalle rilegature in cuoio
ai gioielli, al ricamo; attività quest'ultima forse più conosciuta, non
trascurando gli interventi decorativi su edifici pubblici e privati: tesi al
recupero ed al miglioramento della qualità artistica. Il ricamo della
fiorente industria era completo, tanto dal lato artistico che dal lato
commerciale, così le valorose patronesse che con instancabile zelo attesero
allo sviluppo, potevanoessere soddisfatte
dell’obbiettivo raggiunto. Il successo e la
notorietà dell’Aemilia Ars sul mercato nazionale ed estero furono sanciti
dalla sua partecipazione a diverse esposizioni internazionali (Torino 1902, Liegi
1905, Milano 1906, Bruxelles 1910) e dai numerosi riconoscimenti e premi
ottenuti. Nel 1902, la
giornalista e scrittrice Maria Majocchi Plattis (pseudonimo Jolanda), scrisse sulla rivista “Natura
ed Arte”, un articolo sulla condizione della donna e dei bambini
abbandonati citando l’Aemilia Ars come esempio per un futuro moderno di
imprenditoria al femminile: “Se le
donne raffinate e facoltose d’Italia, in ogni regione, patrocinassero l’arte
e l’industria locale con sereno intelletto e alacrità, come, lo noto qui con
compiacenza, a Bologna s'occupano le dame dell’ Aemilia Ars, non v’ha dubbio
che si noterebbe un progresso non lieve nella produzione nazionale. Ma per
oggi, o signore, vi lascio, lieta e paga, se sarò riuscita a farvi intendere
ed approvare il motivo che mi anima a scrivere questa rubrica ove io m'auguro
d’aver a sviluppare col vostro prezioso aiuto, idee, fatti, notizie, che
facciano vivamente rifulgere il cuore e l’ingegno della moderna femminilità
italiana.” Successivamente scrisse un altro articolo: “Qualche tempo
addietro, uno dei più accreditati e diffusi giornali parigini ebbe la gentile
idea di bandire un concorso in Francia, d’ Arte femminile. Le donne risposero
numerose al cortese appello, e da tutte le regioni, dalla pia Brettagna, dalla soleggiata Provenza, dalla severa
Normandia, dalla gaia Guascogna, dalla florida Linguadoca,
dall’Alvernia, dalla Sciampagna, dalla Picardia, dalla Borgogna, dagli storici castelli dal
suggestivo nome, come dagli hotels civettuoli dei Boulevards di Parigi, ogni sorta di opere squisite,
sbocciate da piccole mani industri, sono giunte nel grande hall della
Galleria Georges Petit destinata all’ esposizione aperta in questi giorni. E
a seguire ancora; “Con estrema compiacenza v'invito oggi, o amabili amiche, a
rallegrarvi meco del trionfo che ha ottenuto recentemente all’estero una
delle più gentili industrie del nostro paese: un'industria che è piuttosto
un’arte, rifiorita, per merito di qualche eletto spirito femminile, su un
passato storico di tradizioni gloriose : quella dei merletti. La splendida
esposizione dell’ Aemilia Ars aperta all'Hotel Chatam
a Parigi è stata visitata da tutte le dame del faubourg
Saint-Germain, la principessa Matilde alla testa; e
ciascuna di queste signore si partì ammiratissima, desiderando possedere per sè qualche ricco capo d’ opera uscito dalle mani delle
esperte operaie bolognesi; mentre parecchi noti negozianti di Parigi già
chiesero l’esclusivo deposito dei ricami a punto e a reticella. E giacchè siamo tra merletti e ricami, aggiungerò che anche
a Londra i ricami della Aemilia Ars hanno ottenuto un lusinghiero successo in
una mostra di lavori femminili italiani aperta nel centro di Londra per cura
della contessa Cora di Savorgnan Brazzà
nell'intento di far meglio conoscere nella grande metropoli i progressi
dell’arte nostra muliebre specialmente in graziose industrie artistiche.” In occasione dell’Espsizione internazionale di Milano, nel 1906 Ugo Ojetti scrisse, riguardo la provenienza dei merletti
esposti: “Qui a Milano, infatti,
l’Aemilia Ars espone, fra altri pezzi la copia d’un copricalice
quattrocentesco di casa Piccolomini apparso alla
mostra d’arte antica di Siena due anni fa; in un piccolo rettangolo, di telai
le figurine minuscole delle Quattro Stagioni copiate da un disegno del Vecellio del 1605; un altro velo da calice copiato da
uno, esistente nel museo di Cluny, a Parigi; due saggi di trine tolte
dall’album del Passerotti; tutto l’arredo d’una culla imitato da un quadro
cinquecentesco della pinacoteca bolognese. Ma accanto a questi ricordi che
l’A’emilia Ars fa rivivere per la nostra delizia,
anche qualche invenzione moderna essa espone degna della nobile compagnia:
fra le altre, la veste per la signora Balduino Marsaglia e una trina con un fregio di pavoni, disegnate
tutt’e due dal Casanova. L’Aemilia Ars, che ormai ha emporii
di ricca vendita in Francia, in Inghilterra e in America, dà lavoro a più di
mille operaie, un lavoro ben retribuito ch’esse eseguiscono nella propria
casa fuori dalla prigione del laboratorio. E anche in questa quieta
solitudine può ritrovarsi un po’ del segreto di questi miracoli....”. Pur ottenendo
significativi successi in sede di esposizioni nazionali e pur avendo
sviluppato l'aspetto commerciale della produzione con l'apertura di un
negozio-galleria in via Ugo Bassi a Bologna, la società decise nel 1903 di
sospendere l'attività per mancanza di fondi. I costi di produzione erano
troppo alti e la clientela si ridusse
di numero. Si decise comunque di mantenere in attività la manifattura di
merletti e ricami a punto antico, fondata dalla contessa Lina Bianconcini Cavazza, questa
attività continuò fino al 1936 e raggiunse un alto livello di organizzazione
coinvolgendo negli utili anche le lavoratrici e dando loro una formazione
gratuitamente. Quando l’attività venne messa in liquidazione, il suo fondo di
disegni e campionari di pizzi e ricami fu acquistato dal Comune di Bologna e
andò a formare il fondo Aemilia Ars dei Musei Civici d’Arte Antica. Paolo Mezzanotte
scrisse ( Fascicolo N°11 del Luglio 1923- pag.457*) a riguardo della Mostra
Internazionale di Arti Visive tenutasi a Monza: “Molti, moltissimi merletti e
ricami; nei quali è però raro qualche abito di novità. “L’Aemilia Ars” si è un poco addormentata sui successi di un ventennio
fa: nuoce soprattutto, alle sue trame delicate, la disposizione in una
vecchia vetrina di detestabile gusto floreale.” Esecuzione del lavoro L’Aemilia ars
viene eseguito con l’ago ed è chiamato
anche punto in aria, perché viene costruito su un supporto temporaneo
composto da un cartoncino, dal disegno, e sopra si mette un foglio di carta
da lucido per non sporcare il lavoro. Su questo supporto si devono dare dei
"punti d’appoggio" che permetteranno di guidare il filo nella
realizzazione del merletto. I principali punti usati per questo lavoro sono:
il punto festone, il punto chiaro ed il punto cordoncino. Mostre • Il merletto De.Co.
Aemilia Ars partecipa alla 3° Biennale del Merletto di Venezia, a sostegno
della candidatura alla lista del Patrimonio Culturale Immateriale
dell'Umanità UNESCO del "Saper fare il Merletto". Le maestre
merlettaie dell’Associazione Il merletto di Bologna - Aemilia Ars sono state
presenti al Museo di Palazzo Mocenigo per una giornata di dimostrazioni. • “Aemilia Ars, merletti di Bologna dal
1901 al 2021”, dicembre 2021 Palazzo d’Accursio,
Bologna Nell’occasione dell’inaugurazione
della mostra è stato consegnato il riconoscimento De.Co.
Bologna (denominazione comunale d’origine) alle rappresentanti
dell’associazione “Il Merletto di Bologna” per il loro impegno nel tramandare
e valorizzare il sapere tradizionale del merletto ad ago nato in città e
conosciuto come Aemilia Ars. “Con la De.Co. Bologna
vogliamo valorizzare e promuovere la cultura e i saperi del nostro
territorio, salvaguardando tipicità e tradizioni storiche – spiega Elena Di
Gioia delegata del Sindaco alla Cultura – È importante tutelare e trasmettere
il sapere tradizionale del merletto bolognese incentivandone la ricerca
storico artistica, promuovendo professionalità e attività didattiche. Per
questo sosteniamo associazioni come Il Merletto di Bologna che svolgono un
prezioso lavoro di promozione di quest’arte rivolto alle giovani
generazioni.” Nel 1899, all’interno dell’Aemilia Ars “società protettrice di
arti e industrie decorative nella Regione emiliana”, la contessa Lina Bianconcini Cavazza promosse
quella che fu a tutti gli effetti una prima Cooperativa di lavoro femminile
volta alla formazione artistica, artigianale e imprenditoriale delle donne. I
merletti in Aemilia Ars venivano confezionati a domicilio da centinaia di
ragazze che, nel dedicarsi a quest’arte, contribuivano per la prima volta al
bilancio familiare. Nel corso del secolo successivo, le trine ad ago
bolognesi furono apprezzate e conosciute in tutto il mondo e grazie
all’instancabile opera di trasmissione tra generazioni, la tradizione del
merletto Aemilia Ars è tuttora viva e presente nel patrimonio culturale della
città. Proprio a Palazzo d’Accursio, presso le
Collezioni Comunali d’Arte, è possibile visitare l’importante raccolta del
campionario di Ricami e merletti della Società Aemilia Ars. L’associazione Il
Merletto di Bologna nasce nel 2010 da un gruppo di appassionate signore, tra
loro anche allieve dell’ultima merlettaia bolognese dell’Aemilia Ars, Antonilla Cantelli. Negli anni
della propria attività l’associazione ha raccolto un’ampia selezione di
merletti alcuni di disegni tradizionali e altri di nuova creazione ma pur
sempre fedeli ai canoni dell’Aemilia Ars. Tra le primissime De.Co. approvate dal Comune di Bologna e iscritte nel
registro comunale rientrano sia il merletto ad ago con tecnica Aemilia Ars,
sia l’associazione il Merletto di Bologna che lo promuove. La Denominazione
Comunale d’Origine nasce con l’intento di valorizzare e pubblicizzare le
risorse del territorio come patrimonio collettivo, salvaguardare i saperi e le
attività tradizionali maggiormente rappresentativi dell’identità bolognese.
Per questo è stato istituito un registro pubblico per i saperi e prodotti a
denominazione comunale e per le imprese che hanno ottenuto il diritto di
utilizzare il riconoscimento Bologna sui loro prodotti o attività. Il logo De.Co., con funzione di attestazione, valorizza la
tipicità dei prodotti bolognesi.( www.bologna 24H. it)
• Mostra
di Antonilla Cantelli
e allieve 13-14-15 Maggio 2005 – Bellaria di Rimini
Sala Andromeda del Centro Congressi • Mostra di Carla D’Alessandro Lollini, allieva di Antonilla Cantelli. La mostra si è svolta nel 2003 a Granarolo • Aemilia Ars, Arts
& Craft a Bologna 1898- 1903, 9 marzo-17 giugno
2001, Bologna La mostra
organizzata dai Musei Civici d'Arte Antica di Bologna ha presentato al grande pubblico una selezione
accurata di circa duecento opere tra oggetti, materiali grafici e fotografie
storiche pertinenti l'attività della Aemilia Ars. I manufatti più numerosi
erano costituiti dalla ricca collezione di trine e merletti e dal fondo di
disegni del Museo Davia Bargellini
di Bologna, inoltre c’erano mobili ed ebanisterie, oggetti in ferro battuto,
cuoio bulinato, gioielli, biancheria ed accessori per l'abbigliamento
prodotti dalla società, ed a dipinti, libri e modelli incisori dei secoli
XVI-XVII. La mostra è stata curata da Carla Bernardini,
Doretta Davanzo Poli, Orsola Ghetti Baldi, Eugenio Riccòmini. Le opere in mostra sono state prestate da
privati e da numerose istituzioni pubbliche ed ecclesiastiche. Articolo di
Paola Goretti per Gospark
(20 Aprile 2001) “Gotocismi del
primo Novecento” Nelle sale delle
Collezioni Comunali d'Arte (Bologna, Palazzo Comunale) si è da poco
inaugurata la magnifica mostra "Aemila Ars. Arts & Crafts a Bologna.
1898-1903" che ripercorre le alterne vicende del liberty locale mediante
una accurata perlustrazione dei differenti manufatti prodotti dall'omonima
comunità artistica. L'identità dell'Aemilia Ars -società protettrice di arti
e industrie decorative nella regione emiliana sorta nel 1898 e costituita da
un piccolo gruppo di gente scelta, artisti e signori dell'aristocrazia e
della finanza- è certo vicenda complessa, non esauribile nei caratteri del
gusto cittadino né, tantomeno, in un'unica personalità di spicco; piuttosto,
essa è senz'altro riconducibile a quell'intricato dibattito sul ruolo delle
"arti minori" sostenuto nelle teorizzazioni di William Morris e di John Ruskin, che
avevano precocemente intuito la necessità di una concreta applicazione dei
principi estetici del nuovo decorativismo proprio nel campo del quotidiano.
In un clima fortemente improntato allo storicismo, al recupero degli stili
gotici e rinascimentali e al più devoto "sentimento della natura",
si inserisce pertanto anche la vicenda bolognese. Ideatore e fondatore del
gruppo fu Alfonso Rubbiani -architetto atipico,
decoratore, restauratore, giurista, disegnatore, fine connaisseur-
il quale, determinato a dare continuità al passato cittadino (che trovava il
suo punto culminante proprio nell'urbanistica medievale), si adoperò nella
riconversione del gusto per sottrarlo dalle insidie dell'incalzante
industrialismo moderno. Accanto a lui, il conte Francesco Cavazza
e un'intera schiera di artisti, decoratori, fabbri, orafi, ebanisti, tra i
quali spiccano i nomi dei fratelli Achille e Giulio Casanova, Alberto Pasquinelli, Giuseppe de Col, Edoardo Collamarini,
Alfredo Tartarini, intensamente impegnati in
un'attività a tutto campo. Nonostante il percorso espositivo sia articolato
in sole cinque sale, è possibile mettere a fuoco in maniera lucida e
approfondita tutte le tipologie artigianali licenziate attraverso il
coinvolgimento di intere catene produttive di ideatori, progettisti,
disegnatori ed esecutori; in tal senso, uno dei momenti fondanti che vide la
partecipazione dell'intero gruppo fu rappresentato dagli interventi di
restauro e di reintegrazione nelle 9 cappelle absidali della gotica Chiesa di
san Francesco (in mostra sono presenti gli studi preparatori), in cui si
sperimentarono soggetti iconografici in bilico tra ritorno all'antico e
modernismo Art Nouveau. Altri complessi decorativi
in ville suburbane del contado bolognese (tra i quali spiccano i capolavori
pittorici di Palazzo Rosso a Bentivoglio) completati qualche anno prima della
costituzione della società, sottolineano poi il consapevole allineamento alla
matrice neoquattrocentesca -ormai furoreggiante-, riorganizzata in una nuova
veste floreale, colma di tripudi vegetativi, naturalistici e organicistici. Certo, nulla a che
vedere con le impennate del gotico d'oltralpe che in tutti i campi
applicativi -dal romanzo storico alla riscoperta del misticismo; dal gusto
per le rovine diroccate fino a quello vestimentario-
aveva già dato vita al diffuso fenomeno della "medioevolatria";
basti, a questo proposito verificarne gli esiti in questa coppia di mobili
neogotici italiani del primo quarto del XIX secolo esposti alla Antichità Sibona (www. gosparkcom/sibona) che, proprio nel loro slancio verticale,
ripropongono la tipica guglia acuminata degli stilemi decorativi
trecenteschi. Il clima bolognese documentato in mostra -pur aggiornato e
nutrito sui grandi fenomeni estetici fin de siècle- è senza dubbio meno
capriccioso e spericolato, insistendo maggiormente su caratteristiche di
maggiore sobrietà. Né i gioielli (magnifico, il rifacimento del Pendente
della S. Cecilia di Raffaello) né gli arredi presentano le esangui nervature
tipiche di certo Liberty internazionale, né gli echi di un giapponismo incalzante; anzi, recuperano a piene mani il
repertorio del passato, ponendosi a metà strada tra innovazione e tradizione.
Le "magnifiche
ossessioni" della mostra vanno comunque all'intero repertorio dei pizzi
e dei merletti, che l'apposito settore della società produsse fino al 1936,
ricevendo premi e onorificenze di merito nell'ambito di numerose expo
nazionali e internazionali. Presieduta da una patronessa d'eccezione -Lina Bianconcini Cavazza, gentildonna locale e benemerita sostenitrice di
attività filantropiche- la sezione "merletti e ricami" dell'Aemilia
Ars poté infatti contare su una attività imprenditoriale particolarmente
efficiente, che riuscì a fronteggiare anche i più duri momenti di
ristrettezze economiche e le temporanee interruzioni dovute alla guerra. Gli impeccabili
lavori femminili a "punto reticello" ci
sfilano così davanti. Il gusto per l'antico si evidenzia in tutto il suo
splendore, intrecciandosi magistralmente ai disegni dei libri di merletti
cinquecenteschi riprodotti dalle mani delle ricamatrici del tempo (alcune
delle quali, come Antonilla Cantelli,
continuano ancora oggi a tramandarne la difficile arte). In tal senso, il
vero e proprio capolavoro esposto in mostra -interamente rifatto a ricamo- è
certo il celeberrimo Libro di lavorieri eseguito da
Aurelio Passerotti e stampato per i tipi della Fausto Bonardi
nel 1591. Il libro, una sorta di monumento bolognese dell'editoria del XVI
secolo, è ormai divenuto un vero e proprio oggetto di culto, sia per la
rarità delle copie presenti nei fondi pubblici e privati che per le
caratteristiche iconografiche a lui proprie, che lo differenziano così
profondamente dalla restante editoria di settore. Infatti, benché la
produzione dei cosiddetti "libri di modelli" per ricami -specie di
ambito veneziano- si fosse estremamente infittita nel corso dell'ultimo
quarto del secolo, anche grazie alla vasta richiesta da parte del nuovo
pubblico di "illetterate" (che entrava così in possesso di tali
stampe per riprodurle fedelmente nella biancheria e negli abbellimento delle
vesti), nessun volume attingeva esplicitamente ai repertori dell'araldica.
Nell'esemplare bolognese -composto da 27 tavole, ognuna relativa a una
gentildonna che viene indicata con una coppia di cognomi: quello di nascita e
quello acquisito mediante le nozze-, spiccano invece i veri e propri stemmi
di casata tra loro intrecciati, come Orsini Malvezzi, Alidosi
Isolani, Volta Boncompagni, Gozzadini Gozzadini, ecc. Tra le pagine dell'album, è dunque
largamente visibile l'eco di una cultura cavalleresca amante del gusto del
blasone che sembra sfuggire gli avvertimenti di una legislazione suntuaria
ormai fittissima, emanata per raccomandare la modestia, la prudenza e il
contenimento delle "spese soverchie". Se è vero che queste
datate incursioni nei territori dell'antico corrispondevano dunque alla
necessità di riattualizzare il passato con criteri moderni, certamente non
sono venuti meno gli assunti fondativi dell'intero movimento, ispirati a una
profonda riqualificazione etica ed estetica. Ancora oggi, all'alba del XXI
secolo, la riflessione del design passa ancora di lì. Vicina a un fare
creativo capace di prodursi sempre più in un autentico abbellimento del
quotidiano. •Gennaio 2000 "Aemilia-Ars:
miniature ad ago, Ceramica e ferro battuto: preziosità nella decorazione”,
organizzato da: Centro Italiano Femminile di Bologna Pubblicazioni Industria artistica bolognese Aemilia Ars:
luoghi, materiali, fonti a cura di C. Bernardini e M. Forlai, 2003 Bibliografia * Università degli studi Roma Tre-
Biblioteca di Area delle arti sezione architettura” Enrico Mattiello” ^ Emporium vol.
XXIV 1895 ("Rivista mensile d'arte e di cultura") °Exposition universelle internationale de Liège 1905 : rapports du jury international
: classe 84, dentelles, broderies,
passementeries et dessins Sitografia I testi
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